Cirio, il pomodoro di Napoli che arricchì un piemontese

Cirio, un piemontese arricchito dal pomodoro di Napoli

il primo caso di concorrenza sleale della storia d’Italia

di Angelo Forgione per napoli.com

Il pomodoro è emblema della rivoluzione agricola operata tra Napoli, Caserta e l’agro nocerino sarnese a cavallo fra Settecento e Ottocento. Ancora oggi la zona è famosa in tutto il mondo per la raccolta del frutto-bacca che trova il suo apice nella particolarità D.O.P. “San Marzano“.
C’è un nome che più di altri si è legato al prodotto; dici Cirio e pensi al pomodoro, dici pomodoro e pensi a Cirio, quel Francesco Cirio che creò un impero dell’industria conserviera sfruttando le condizioni sociali che si crearono con l’Unità d’Italia.
Molti pensano che l’azienda sia di origine napoletana ma in realtà Francesco Ciro era un astigiano analfabeta di Nizza Monferrato che si trasferì giovanissimo a Torino per rivendere in periferia la verdura che comprava a prezzo di realizzo al mercato durante l’ora di chiusura. Nel 1856 sperimentò la conservazione dei piselli da cui avviò una produzione industriale di alimenti in scatola con il primo stabilimento Cirio a Torino allargato a frutta e verdura.
Nel 1861, l’Italia nata dalla piemontesizzazione del Sud gli aprì la strada della fortuna. Fu infatti nelle zone agricole attorno Napoli che fiutò l’oro rosso, il pomodoro, di cui i contadini ormai non potevano più beneficiare. Lo sradicamento dell’apparato industriale e imprenditoriale del Sud impedì qualsiasi iniziativa di sfruttamento del patrimonio agricolo da parte della popolazione locale che cominciò ad emigrare. Quella ricchezza era dunque a disposizione del piemontese Francesco Cirio che aveva appena aperto la strada della conservazione degli alimenti e che non perse l’occasione per aprire al Sud alcuni stabilimenti, impegnandosi personalmente nel recupero di vaste aree agricole abbandonate. Nacque così il mito dei pelati Cirio.
Fabbriche a Castellammare di Stabia, San Giovanni a Teduccio, nel Casertano e nel Salernitano, ma anche in altre parti del meridione con altre tipologie di prodotto; un’espansione indisturbata nel Sud ricco di prodotti della terra che gli fruttò numerosi premi e onorificenze internazionali.
Però Francesco Cirio era certamente un uomo incline agli affari ma praticamente analfabeta e incapace di consolidare la sua ascesa, inarrestabile perchè partito in anticipo e ritrovatosi pionieristicamente avvantaggiato nel settore conserviero, ma determinata soprattutto dalla spinta del nuovo governo di Torino molto sensibile a far crescere l’imprenditoria settentrionale. Nel 1885 infatti, il Primo Ministro Agostino Depretis favorì la legge Cirio, in sostanza un contratto agevolato con la Società Ferrovie Alta Italia per la spedizione di migliaia di vagoni di alimenti all’estero. Suo generoso finanziatore fu inoltre il Credito Mobiliare di Torino, un istituto socio della Banca d’Italia che aveva appena rastrellato dal mercato le monete d’oro del Banco delle Due Sicilie (di Napoli e di Sicilia). Insieme al Banco di Sconto e Sete di Torino, la Cassa di Sconto di Torino e la Cassa Generale di Genova, il Credito Mobiliare di Torino costituiva quella cordata di banche di finanziamento e costituzione di imprese al Nord coordinate dalla regia di Carlo Bombrini, amico personale di Cavour, che, oltre a trasferire tutte le commesse dell’imprenditoria meridionale al Nord, riuscì ad ottenere ben tredici concessioni per lo sviluppo delle reti ferroviarie settentrionali. Le gestiva Pietro Bastogi, un altro amico del conte, ma la proprietà era dei banchieri Rothschild.
Per l’imprenditore conserviero il trattamento fu davvero di favore, a tal punto che le gelosie e le ostilità degli stessi concorrenti settentrionali montarono ben presto e il caso Cirio fu discusso ripetutamente in varie sedute della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sull’esercizio delle ferrovie; sedute che si tennero esclusivamente nelle maggiori città del settentrione. Il commerciante veronese De Cecco arrivò addirittura a dire: “se non si pone rimedio al monopolio del Cirio, diventerà padrone d’Italia”. Gli si imputava frode e concorrenza sleale, ma fu sempre coperto dai massimi dirigenti della Società Ferrovie Alta Italia.
All’apice dell’ascesa cominciò l’inevitabile discesa. Il Sud non era il suo territorio e, da persona incolta, vi si avventurò poggiandosi sul solo istinto imprenditoriale. Su ogni terreno vi si gettò con avidità e fra la bonifica di un terreno e l’altro, Francesco Cirio consumò in breve tempo i capitali accumulati in trent’anni di successi, fallendo nel 1891 e  trascinando con se il Credito Mobiliare di Torino che nel 1893 entrò in una crisi irreversibile. Ma il pallino delle bonifiche non lo abbandonò fino alla morte che avvenne nel 1900. Subito dopo i fratelli Pietro e Clemente riavviarono l’attività con sede a San Giovanni a Teduccio in Napoli. Ma l’azienda, sviluppatasi sulle dinamiche losche della nuova Italia, portò con sé la maledizione dei conti e delle polemiche, degli intrecci di imprenditoria e potere. Da Francesco Cirio a Sergio Cragnotti il passo è lungo ma identico.
L’imprenditore romano, ex-presidente della Lazio, rileva l’azienda negli anni Novanta avviando una storia simile a quella del suo predecessore-fondatore. Prima l’ascesa vertiginosa e poi la caduta culminata con lo scandalo dei bond Cirio e la bancarotta.
Oggi la Cirio ha sede in Roma e fa parte del Gruppo cooperativo Conserve Italia che raggruppa vari marchi alimentari e resta il marchio principe della conservazione del pomodoro… come natura crea. O quasi.

video / divertente Riccardo Muti, Napoletano a Milano

video / divertente Riccardo Muti, Napoletano a Milano
ancora un messaggio identitario del grande Maestro

Esattamente un anno fa, il 14 Novembre 2010, il grande Maestro Riccardo Muti era ospite alla trasmissione “Che tempo che fa” di Fabio Fazio per parlare della sua autobiografia. Dopo il messaggio identitario pescato sul sito dell’emittente nazionale spagnola in occasione del premio “Principe de Asturias” a Oviedo di Ottobre, pongo ora in evidenza il “cuore” di una chiacchierata in cui Muti si mette a nudo e mostra il suo lato autenticamente Napoletano, insospettabilmente ironico e divertente.
Un racconto della sua gioventù di uomo del Sud che si trasferisce al Nord per studiare musica. Dalla calda e artistica Napoli alla gelida e “squadrata” Milano, a cui pure è affezionato, dove incontra un vecchio amico napoletano poi non più rivisto ma capace di lasciare un segno indelebile nella sua vita.
Con grande verve tutta partenopea, Muti riesce a far ridere con la Napoletanità senza umiliarla ma esaltandola come non riesce neanche ad alcuni comici, evidenziando le differenze tra Napoli e Milano, il calore-colore meridionale diverso da quello settentrionale, e comunicando un ulteriore messaggio identitario: mai perdere la propria identità ovunque ci si trovi!

A margine, riporto un’intervista di Muti rilasciata al Corriere della Sera nel 1999.
«I luoghi della mia infanzia (Napoli e Molfetta) rappresentano il mio ideale paradiso soprattutto per il senso della storia che ti mettono dentro e che, vivendoci, hai immagazzinato. Napoli ha in se’ la storia. E’ stata violentata, ma questo suo fascino resiste. In alcune prospettive della citta’ convivono il mondo greco, il mondo romano, il Rinascimento, il Barocco.
Ringrazio Dio di essere nato a Napoli. Ci ho pensato, un giorno in cui, quando dirigevo l’ orchestra di Filadelfia ed ero in tournee negli Stati Uniti, mi hanno fatto visitare l’ Universita’ dell’ Indiana, una fra le maggiori istituzioni musicali americane. Siamo entrati in un’ aula: due lussuosissimi pianoforti a coda su tappeti, impianti stereo, televisioni per i video musicali, il bar. Ho ricordato le nostre aule: un pianoforte, qualche sedia monacale, niente alle pareti, una luce fioca dal soffitto, ma quanta polvere di cultura, di conoscenza, quante memorie di grandi da Thalberg, il rivale di Liszt, il fondatore della scuola pianistica napoletana, a Cilea, a Martucci. Ho ricordato le chiese di Napoli dove, fanciullo, Pergolesi “cantava” quel canto che oggi sembra sia appannaggio quasi esclusivo di olandesi, inglesi e tedeschi. Si avvicinano a questo mondo con strumenti cosiddetti originali, con una pratica esecutiva cosiddetta originale: molta teoria, ma poco di quell’ humus che si respira nei vicoli, nelle strade dove sostavano Bellini, Donizetti e Rossini, in via Toledo che Leopardi scendeva ogni giorno verso piazza Carita’ dove vendevano un gelato di cui era ghiotto.

A Napoli, forse, ci invecchierei volentieri. Ero alla reggia di Caserta per ricevere il Premio Vanvitelli. Mi hanno fatto entrare in quella meraviglia che è il Teatro di Corte e mi hanno detto: “Se un giorno vorrà insegnare ai giovani quel che lei ha imparato, questo teatro può essere la sua casa».

Garibaldi voleva trasferirsi a Baia

Garibaldi voleva trasferirsi a Baia
il Generale scoprì il paradiso dei Campi Flegrei e se ne innamorò

Angelo Forgione – Alle bellezze paesaggistiche di Napoli e dintorni in pochi resistono. Un’importante testimonianza ce l’ha data nel 1933 Raimondo Annecchino, storico flegreo e poi sindaco di Pozzuoli, che portò a conoscenza degli italiani un eccezionale documento retrospettivo della vita di Giuseppe Garibaldi (Memorie garibaldine Flegree, con due lettere inedite di Garibaldi, Tip.Unione, Napoli 1933, p.8).
Con una lettera del 5 Aprile 1876 oggi conservata nel Museo del Risorgimento Italiano di Roma, Garibaldi espresse al Sindaco di Pozzuoli Giovanni De Fraja il desiderio di abitare a Baia, in una casa per sé e la sua famiglia. Si era innamorato di un sito che aveva sempre negli occhi e nella mente da quando nell’autunno del 1866 si era affacciato sbalordito dagli spalti del Castello per ammirare l’incanto del golfo cumano.

Illustrissimo Signor Sindaco di Pozzuoli,
Vorrei abitare una casetta sulla sponda del mare nella vostra baja – casetta capace per 5 individui e 3 bambini – da abitarla per 3 o 5 mesi – con orticello – e preferibilmente nella parte occidentale della baja – isolata da altre abitazioni.
Vi sarei riconoscente se voleste occuparvene ed avvisarmi dell’affitto da pagarsi ogni mese.
Di Vs dev.mo
G. Garibaldi

Il desiderio del “dittatore delle Due Sicilie” non venne però esaudito per motivi ignoti ma è facile presumere che i Savoia che ne temevano ogni mossa, incamerate le ricchezze di Napoli, preferirono per qualche motivo che chi glielo consentì non godesse di un paradiso conquistato.

videoclip: UNA SETTIMANA DA DIO

videoclip: UNA SETTIMANA DA DIO
il Napoli abbatte Villarreal e Inter… in 5 giorni!

20 anni per ascoltare l’inno della Champions League al San Paolo culminano nel grido “the champions” dei 65.000 del San Paolo.
17 anni senza vittoria a San Siro contro l’Inter trovano fine col roboante 0-3, sacrosanto nonostante gli errori arbitrali. Tutto in cinque giorni! Il videoclip pone l’accento sul potere taumaturgico della squadra del cuore di Napoli.
Il “focus” dedicato al ruggito del San Paolo e al fascino esercitato su Giuseppe Rossi che ha “catturato” il catino di Fuorigrotta è venuto fuori più spontaneo che doveroso.

Impazza il video di VANTO che inchioda Telepadania

Impazza il video di VANTO che inchioda Telepadania

Anche repubblica.it e ilmattino.it adottano la nostra risposta in salsa napoletana.

La lezione di Telepadania a De Magistris: con due grossi errori.
La lezione sulla raccolta differenziata della tv della Lega Nord ai napoletani e al sindaco De Magistris (ribattezzato “Giggino”) è meglio non metterla in pratica: perché la conduttrice mette la carta insieme all’alluminio, e poi perché mette il cartone della pizza (“che a voi napoletani piace tanto”, ironizzavano in studio) nel contenitore della carta. Ma il Consorzio Nazionale Imballaggi-Conai è chiaro: “Sappi che la carta sporca (di cibo come i cartoni della pizza, di terra, di sostanze velenose come solventi o vernici), i fazzoletti usati e gli scontrini non vanno nel contenitore della carta; e che il loro conferimento peggiora la qualita’ della raccolta differenziata di carta e cartone” .

Comiche lezioni padane di differenziata a Giggino

Comiche lezioni padane di differenziata a Giggino
due ridicoli professori mischiano alluminio e carta

Angelo Forgione – La prendiamo per quella che è la pagliacciata di Telepadania che si rivolge a “Giggino” per insegnare ai Napoletani a fare la differenziata. Ossia una pagliacciata! È inutile fare discorsi seri quando una produzione televisiva ha il pregio di commentarsi da sé, come del resto le parole e la mimica dei due simpatici “professori di civiltà” che intendono insegnare alla città che ha inventato la differenziata nel 1832 come si separano i rifiuti. Il sarcasmo sugli scontrini napoletani e sui televisori nel Vesuvio è serietà al cospetto del ridicolo errore della nostra bionda padana che prima inserisce una lattina d’alluminio nel contenitore più chiaro per poi inservi di li a poco, nello stesso contenitore, anche carta di giornale e cartone di pizza. Ma il Consorzio Nazionale Imballaggi-Conai è chiaro: “Sappi che la carta sporca (di cibo come i cartoni della pizza, di terra, di sostanze velenose come solventi o vernici), i fazzoletti usati e gli scontrini non vanno nel contenitore della carta; e che il loro conferimento peggiora la qualità della raccolta differenziata di carta e cartone” .
E poi il tovagliolo di carta sporco nell’indifferenziato invece che nell’umido. Ma che differenziata è?
Ogni mattina un imprenditore padano si sveglia e sa che deve fare tre cose: produrre merce da vendere al Sud, alimentare l’evasione fiscale e sversare rifiuti tossici in Campania. Agli amici di Telepadania che perdoneranno il sarcasmo consigliamo di protestare indirizzando i loro siparietti a Montecitorio, visto che le sanzioni sono all’Italia e non al Comune di Napoli o alla Regione Campania, e anche ai titolari delle fabbriche del loro territorio che hanno sversato in Campania servendosi della Camorra e dell’indulgenza dei magistrati che hanno fatto cadere in prescrizione i reati accertati. Ma ora diventiamo troppo seri. Magari se Giggino ci darà una buona volta la differenziata anche i programmi di Telepadania si alzeranno di livello… forse.
Grazie comunque per l’inutile lezione, ma cambiate i professori perchè questi sono da mandare in discarica. Ma per cortesia!

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Verità storica e orgoglio a “i Gigli di Barra”

Verità storica e orgoglio a “i Gigli di Barra”

Grande successo di pubblico alla presentazione del libro e del giglio “Malaunità” voluto dal “Comitato Ritorna ‘a Festa” dei Gigli di Barra”. Oltre cento persone hanno ascoltato gli interventi di Eddy Napoli (”malaunità” ieri e oggi), Angelo Forgione (l’orgoglio oltre il calcio), Gennaro De Crescenzo (orgoglio neoborbonico per il Sud di domani) e Felice Abbondante (saccheggi, massacri ed eroi dimenticati), coordinati da Ciro Esposito (organizzazione evento). Poi serata di cabaret con gli artisti di “Made in Sud”. Verità storica e passione meridionalista in una delle ultime feste autenticamente popolari di Napoli.

videoclip: GRANDE SUD (Napoli vs Milan 3-1)

videoclip: GRANDE SUD (Napoli vs Milan 3-1)
in 3 minuti, l’essenza del trionfo azzurro sui rossoneri

C’è un Sud nel calcio che tiene testa al potere del Nord. È un Sud che non si piega, un Sud rampante, orgoglioso e ambizioso. È un grande Sud!
Il Napoli strapazza il Milan e si vendica della sconfitta di Milano del campionato precedente. Una piccola metafora per un popolo a cui non deve bastare solo il calcio, semplice soddisfazione, per affrancarsi da certe dinamiche.

Approfondimento sulla Napoli fannullona che non c’è

Approfondimento sulla Napoli fannullona che non c’è
per il Social Network Badoo, Napoli città più notturna d’Italia

Angelo Forgione – Vale la pena ritornare sulla questione “Napoletani e il lavoro“, nata dall’analisi dello spot Red Bull e sulle esternazioni di Calderoli, per approfondire il discorso con ulteriori elementi rafforzativi della teoria di demolizione di un luogo comune antipatico. Tanti lo sapranno bene ma forse a qualcuno sfugge che la città partenopea è una città nottambula, popolata di gente anche nelle ore buie. Probabilmente molto più delle altre città italiane. Lo sottolinea la guida turistica online 10cose.it che, tra le dieci cose da vedere e fare assolutamente a Napoli, elenca al punto nove “Uscire la sera a Napoli“. Lo conferma in qualche modo la singolare classifica delle città più notturne del mondo compilata sui dati forniti dai 122 milioni di utenti in 180 paesi iscritti al social network Badoo che hanno inconsapevolmente procurato degli indici di misurazione dei picchi di conversazioni online nell’arco delle 24 ore; Napoli risulta la “città più notturna d’Italia”, davanti a Torino, Milano, Firenze, Catania e Roma; 23esima al mondo, anche più tiratardi di New York.
Certo, stare davanti ad un computer non significa godersi la città, e spesso simili classifiche non indicano appieno il risultato annunciato, ma la statistica specifica comunque un’abitudine a prender sonno più tardi che altrove, con tutti gli annessi e connessi. Alzi la mano chi, girando per Napoli a tarda sera, non vede in più zone la città animata da gente che socializza consumando drink fuori qualche locale e, perchè no, mangia anche ad ora tarda. Si, perchè a Napoli si può entrare nei ristoranti a qualsiasi ora del giorno e della notte senza il timore che qualcuno ti chiuda la porta in faccia o ti maltratti al tavolo con la frase “la cucina sta chiudendo” come accade altrove. Per non parlare della Domenica in cui, se il frigorifero è vuoto, non è che sia un problema riempirlo.
Altri aspetti della laboriosità e dell’applicazione degli esercenti napoletani. E allora è il caso di proporre uno spezzone dello spettacolo di Simone Schettino “Dicette ‘o Pappece vicino a’ Noce…” (2004) che rafforza i temi già trattati e in cui aspetti e risvolti del rapporto tra i Napoletani e il lavoro vengono proposti con un misto di ironia e concretezza drammatica rimarcabile.

De Laurentiis chiude ai Napoletani? Tutt’altro, ne stimola l’orgoglio.

De Laurentiis chiude ai Napoletani?
Tutt’altro, ne stimola l’orgoglio.

«I Napoletani al Napoli non li voglio!»

Angelo Forgione – «I Napoletani al Napoli non li voglio perché non inclini a venirci». La frase dell’istrionico De Laurentiis in merito alle voci sull’interessamento al calciatore napoletano Bocchetti sembra un’accusa alla gente di Napoli in generale e in buona sostanza è così, ma la dichiarazione conserva un’accezione positiva rispetto al concetto di Napoletanità. Il presidente ha modi di pensiero e parola tutti suoi e si esprime per iperboli e ossimori che spesso irritano. È chiaro che la pietra dello scandalo sia Criscito che non ha accettato minor retribuzione in cambio della maglia della sua città, dichiarando di andare a San Pietroburgo in una grande squadra e in una bellissima città. Scelta insindacabile, ma indigesta per un presidente che fa della Napoletanità un “plus” su cui costruire un rinnovato orgoglio e prestigio attrattivo. E infatti De Laurentiis rispose piccato dicendo che la città russa é brutta (e non ci vivrebbe nemmeno neanche per tutto l’oro del mondo), esagerando sapendo di esagerare perché non lo é affatto. Il concetto può essere discutibile sotto il profilo professionale e imprenditoriale, ma è apprezzabile dal punto di vista di un romantico attaccamento alla città che ogni Napoletano dovrebbe nutrire e che io stesso cerco di accrescere passando per la nostra storia e cultura oltre che per lo sport. Certamente il patron va in conflitto con la sua stessa gestione degli affari, peraltro ineccepibile, e tira acqua al suo mulino. E neanche può negare che Cannavaro sia Napoletano. Concetti raramente applicabili al business calcio, ma nessuno si consenta di strumentalizzare la dichiarazione che deve essere spunto per una profonda riflessione sulle potenzialità di Napoli che potrebbe primeggiare col giusto atteggiamento della sua gente. Del resto, alzi la mano chi se la sente di dire che i Napoletani, nel complesso, amano in concreto la loro bellissima città con i propri comportamenti quotidiani. La concordia tra De Laurentiis e De Magistris, con la “benedizione” del Cardinale Sepe, dimostra l’opportunità di veicolare messaggi di riscatto anche attraverso il calcio, e ciascuno di noi intenda se sia populismo o qualcosina di più.

L’appunto a De Laurentiis è quello di spiegare simili affermazioni e non lasciare adito a interpretazioni tendenziose di chi non attende altro che puntare il dito sui Napoletani.

De Laurentiis “bacchetta” i calciatori Napoletani durante la telenovela Criscito

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De Laurentiis anti-San Pietroburgo e pro-Napoli

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Criscito si difende dalle accuse di De Laurentiis