––– scrittore e giornalista, opinionista, storicista, meridionalista, culturalmente unitarista ––– "Baciata da Dio, stuprata dall'uomo. È Napoli, sulla cui vita indago per parlare del mondo."
Nola dimostra che il Sud cresce se non ci sono infiltrazioni mafiose
La crisi internazionale sembra aver fatto dimenticare il principale problema italiano: la questione meridionale. In pochi ne parlano, ormai sempre più fuori dall’agenda politica. La redazione di Rai Parlamento ha analizzato proprio la questione meridionale nell’ambito della recessione continentale. Invitati a parlarne, Adriano Giannola (presidente Svimez – associazione degli economisti per lo sviluppo del Mezzogiorno), Nicola Morra (Movimento 5 Stelle) e Mario Marazziti (Scelta Civica per l’Italia). Tutti con toni meridionalisti fortemente avversi alle politiche dello Stato dall’Unità ad oggi. Infine, un viaggio nell’eccellenza del Distretto di Nola, dimostrazione di un Sud virtuoso che, messosi autonomamente in condizione di non essere divorato dalla criminalità organizzata, è stato capace di decollare e primeggiare. Ecco perché, se prima lo Stato non farà il suo dovere, non ci sarà mai un Sud competitivo. Altro che piagnistei.
Angelo Forgione – Il degrado della Reggia di Caserta è sempre più al centro dell’attenzione, anche se il dibattito resta purtroppo uno sterile esercizio di chi è sensibile al gravissimo problema culturale che investe soprattutto i monumenti del Meridione.
La piazza Carlo III, la più grande d’Italia, costruita per accogliere il palazzo più noto d’Italia, è persino diventata un luogo di spaccio, segnale di un degrado che non è solo architettonico ma anche e soprattutto sociale. Qual è il vero problema? La magnifica ed europea Reggia di Caserta non sembra appartenere troppo alla storia nazionale d’Italia mentre la Reggia di Versailles, che pure fu dimora dei ghigliottinati Borbone di Francia, è un simbolo della Nazione francese, la testimonianza del rispetto dei transalpini per la storia della loro monarchia in Europa. I motivi? Sono gli stessi che fanno crollare l’antica Pompei, per non parlare della Real Tenuta di Carditello, emblema dell’oblio storico del Sud borbonico. Motivi evidenziati su Il Mattino del 14 aprile 2013 dal critico d’arte Philippe Daverio, che continua a lanciare un grido d’allarme per i monumenti d’Italia, con maggiore vigore per quelli del Sud penalizzati da una certa etichetta storica: “Se c’è un monumento nel Meridione che rappresenta l’Europa è proprio la Reggia di Caserta. Sono legato al Meridione. Come alsaziano, mi sento molto meridionale e ho nei confronti di Napoli un’immensa gratitudine. Il Meridione ha bisogno di autocoscienza e autofierezza di appartenere al mondo. Da questo punto di vista, Caserta con la sua reggia è un simbolo potentissimo, ed anche per questo c’è una sorta di accanimento contro di essa”. Poi l’invito a Giorgio Napolitano: “allo scadere del suo andato venga a dare la sua benedictio sui beni culturali del Sud, di cui Napoli è stata la capitale e Caserta la culla”. Dunque, ancora una volta è uno straniero a lasciar intendere che il problema non è solo economico ma anche etnico-geografico. Esiste una discriminazione a tutti i livelli nel nostro Paese che lascia morire i monumenti attorno l’ex capitale Napoli, quantunque di rilevanza massima. Ma se il Sud deve assistere alla morte della sua storia e accogliere con essa i turisti, tanto vale chiudere i monumenti e aspettare tempi migliori. Senza manutenzione, anche un solo turista è un carico troppo grosso da sopportare per una reggia cui viene girato dal Ministero dei Beni Culturali solo un quinto di quello che introita al botteghino.
Ma cosa vedono i turisti in visita alla reggia vanvitelliana? La storia che si sgretola ma anche tanta inciviltà, come ci racconta un simpatizzante di V.A.N.T.O. che preferisce restare anonimo.
Sabato 6 aprile. Sole splendente da far venir voglia di fare un salto alla stupenda Reggia di Caserta. Mancavo da troppi anni e ci arrivo con la mia ragazza molisana per passare una bella giornata in un posto stupendo. Lo sconforto, se non sei preparato al peggio, ti coglie già all’ingresso dove l’incompetenza alla biglietteria è già imbarazzante: addetti ai lavori, che non sanno esprimersi in inglese dinanzi a turisti stranieri. Accedi al parco, stupendo l’impatto, ma poi noti che l’erba è alta priva di cura, cartacce dappertutto, e poi sterco dei cavalli. Una sosta ai bagni è meglio non farla… quelli vicino al giardino inglese sembra che si trovino in uno stadio italiano dove c’è stato qualche disordine. Porte abbattute, lavabi distrutti, assorbenti disseminati sul pavimento. Che vergogna! Ed eccoci al Bagno di Venere, nel criptoportico dello spettacolare giardino all’inglese: statue mutilate, intoncaci caduti e scritte sui muri. Sono disperato.
Il 27 gennaio ricorre giustamente il “Giorno della Memoria“, istituito dal Parlamento italiano con la legge n.211 del 20 luglio 2000. La data è stata scelta, come ricorda la legge stessa, quale anniversario dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, in ricordo della Shoah, lo sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico, per “conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”. E così, mentre “Der Spiegel” per mano di Jan Fleischhauer ci definisce “razza di codardi” dimenticandosi delle vergogne del popolo tedesco, il Meridione non dimentica che i primi campi di concentramento furono adibiti dai piemontesi per deportare i soldati napolitani. Un po’ tutti i popoli invasori chiedono scusa ai loro colonizzati ma l’Italia nasconde la sua vergogna. Per fortuna in tanti iniziano a non aver paura di vedere il nostro “mostro”. La parola “olocausto” significa sacrificio, non sterminio, ed è giusto rivendicare l’olocausto dei meridionali. Olos-kaustos… cioè completamente bruciato; si trattava del massimo sacrificio religioso dell’animale, bruciato nel fuoco.
al Batis di Baia, serata dedicata al Suono e al Gusto del Sud
Si terrà Venerdì 21 Dicembre al Batis, struttura collocata sulle terrazze del Parco Monumentale di Baia a pochi passi dal porto della cittadina, la prima tappa de “Le Eccellenze dei Sensi”, un’iniziativa nata da un’idea di Sarah Ancarola (in arte Shara) e resa possibile dalla collaborazione dell’Associazione “Terronian” con “Slowtour Campi Flegrei” che ha come intento la valorizzazione delle terre meridionali e delle personalità da esse provenienti insieme ai prodotti tipici e d’eccellenza dei nostri territori.
Sulla scia del Vento del Sud, un vento che insieme ai profumi ed ai sapori della nostra terra porta con sé anche i suoni e le sonorità di un territorio in fermento che spera in un cambiamento e nel nuovo che verrà, sarà premitato l’impegno di coloro che si battono per la valorizzazione del Mezzogiorno. Durante la serata presentata da Valentina Elia saranno consegnati i premi “Eccellenza del Sud” ad alcuni personaggi che, ciascuno nel proprio settore, si sono distinti per l’incessante opera di promozione dei territori meridionali rendendo così lustro alle nostre Terre. I premiati saranno la Special Guest della serata Eddy Napoli per la sua musica (anche messa al servizio della annosa questione meridionale), Angelo Forgione (Presidente del Movimento V.A.N.T.O.) per il giornalismo, Gennaro De Crescenzo (Presidente del Movimento Neoborbonico) per la cultura, Francesco Franzese (Responsabile dell’azienda “La Fiammante”) per l’imprenditoria e Rosario Mattera (Presidente dell’Associazione Malazè).
Quella di “Eccellenze dei Sensi” è un’iniziativa mirata a valorizzare e mettere in risalto le eccellenze legate ai sensi: la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto, il tatto … e perchè no, anche l’intuito. Nasce sulla scia del marchio “Eccellenze del Sud” e vuole ancor più segnalare tutte le realtà presenti nei territori meridionali che operano a favore dello sviluppo del Mezzogiorno d’Italia e delle terre poste a Sud del mondo. Risorse naturali, doni, talenti e personalità divenuti tutti emblemi delle Eccellenze del nostro Meridione non possono esser tenuti all’ombra perché fin quando questo avverrà i territori del Mezzogiorno italiano continueranno a versare in una condizione di disagio rispetto al resto del paese.
Il lavoro costante di persone comuni che operano nel loro piccolo può rendere sempre più grande questo nostro Sud e può in questo modo concretamente portare ad una vera e propria inversione di marcia.
La serata prevede anche un parco-pizza (15€ degustazione, pizza, birra artigianale/vino a bicchiere) e una cartassaggi (15€ due piatti, due vini in abbinamento).
le statistiche 2012 de “Il Sole 24 Ore” veritiere sui servizi ma non sull’esistenza
Angelo Forgione per napoli.com – Ci risiamo! Anche quest’anno la rituale classifica della qualità della vita stilata da “Il Sole 24 Ore” vede Napoli in fondo, penultima per la precisione, meglio della sola Taranto. Già lo scorso anno affrontai la questione partendo dal presupposto che a Napoli i servizi sono scarsissimi e che sono davvero poche le cose che funzionano. Come si fa ad assolvere una città in cui il lavoro è una conquista e non un diritto, dove il verde e gli spazi pubblici sono pressoché inesistenti e dove l’ordine pubblico non è assicurato?
Ma queste graduatorie vanno prese per quelle che sono e non per quelle che vogliono essere. La classifica in oggetto non dovrebbe chiamarsi “della qualità della vita” ma “della qualità dei servizi”, che è cosa ben diversa. E per smontarne l’accezione assegnata che tende a proiettare del Nord un’immagine di serenità e del Sud di estremo disagio esistenziale basta tener conto della classifica della “qualità della morte”, quella che dice che i suicidi in Italia sono maggiori al Nord-est e al Nord-ovest, in media al centro e nelle isole e nettamente sotto la media al Meridione. Sono statistiche tratte dal sito dell’ISTAT e dalle quali si evince che la Campania è la regione meno colpita da questa specifica mortalità così come dagli stati d’ansia, seguita da altre del Mezzogiorno ben distanti dai valori critici della Liguria e di altre settentrionali. Le città del Sud hanno i più bassi coefficienti per 100.000 abitanti, Lecce, Messina e Napoli in testa con tutti i loro problemi, mentre schizzano a livelli veramente allarmanti centri come Vercelli, Asti e Cuneo, posti dove paradossalmente la “qualità della vita” è buona quando non ottima. Napoletani e meridionali masochisti? Ma no. Semmai consapevoli del loro handicap civile, del loro disagio sociale e della loro sofferenza. E la sofferenza è vita più che morte, nel senso che se si è allenati alle difficoltà le si affrontano con più preparazione. Tradotto in soldoni, se un meridionale non trova lavoro sa che deve emigrare e arrangiarsi.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) monitora costantemente questi dati perché la prevenzione del suicidio è una delle priorità di sanità pubblica da perseguire, e mette a confronto i vari paesi OCSE. Ne viene fuori che l’area del Mediterraneo compresa tra Portogallo, Spagna, Italia (più Sud che Nord) e Grecia ha tassi di suicidio nettamente inferiori a paesi come Germania, Austria, Finlandia, Islanda, Irlanda, Estonia, Ungheria e Slovenia. Inferiori persino alle decantatissime Australia e Canada che sono notoriamente i paesi in cui la “qualità della vità” raggiunge i più alti livelli. Per non parlare poi di Stati Uniti e, soprattutto, Giappone.
E allora, vogliamo continuare a dare ascolto al “Sole 24 Ore”? Si, se prendiamo quelle statistiche per fotografia dei servizi. Perché tali sono, altrimenti ci metterebbero la classifica della concentrazione di monumenti, della qualità e della varietà del cibo e tutto quanto attiene alla cultura dei luoghi. A proposito, nello scorporo dei coefficienti che le compongono, è il caso di sottolineare che nella specifica classifica dell’ordine pubblico Napoli si attesta al posto 90. Male, certo, ma meglio di Prato, Milano, Roma, Torino, Pisa, Novara, Forlì Cesena, Bologna, Brescia, Bergamo, Rimini, Pescara, Imperia, Foggia, Sassari e la peggiore Latina. Fate un po’ voi.
Angelo Forgione – La settimana scorsa una consigliera della Provincia di Monza e della Brianza aveva creato un ennesimo polverone razzista-leghista su Facebook. “Forza Etna, forza vesuvio, forza Marsili!!!”. Un’immagine dell’Italia dal satellite, ritoccata cancellando la parte di Penisola a sud della Toscana. Non una novità per certi esponenti politici perchè solo poche settimane fa il segretario della Lega di Bovisio Patrizio Ferrabue aveva scatenato l’inferno con un commento dopo il rogo al magazzino cinese tra Monza e Brugherio, costringendo il suo omologo provinciale Dionigi Canobbio a scusarsi.
Le proteste e le segnalazioni giunte alla posta di V.A.N.T.O. erano state tantissime, e lo sono ancora, ma da tempo ho deciso di non entrare in discussione diretta con esponenti leghisti che dimostrano continuamente un basso livello culturale e umano. I fronti culturali e sociali in cui coinvolgersi sono decisamente altri. E ho preferito segnalare la cosa al presidente della Provincia Dario Allevi e a quello del consiglio provinciale Angelo Di Biasio chiedendo provvedimenti.
Il primo ha esternato sdegno con un messaggio sulla pagina Facebook della Provincia MB mentre il secondo, anch’egli leghista, non solo non ha risposto ma ha persino difeso la Galli versando benzina sul fuoco: «Sono battute da bar che girano da trent’anni a cui stiamo dedicando anche troppo tempo. Ricordo quando a Napoli comparvero manifesti contro un ministro della Repubblica (Umberto Bossi, ndr) gravemente ammalato; in quei giorni negli stadi si sentivano persino cori contro di lui, ma non c’è stata alcuna sollevazione». Difesa peggiore dell’attacco. Ed ecco che i leghisti continuano a dimostrare di non saper usare ciò che hanno tra le orecchie. Paragonare le “opinioni” popolari di reazione a ignominiose dichiarazioni identiche a quelle della Galli alle esternazioni di un esponente politico significa non usare il cervello.
Più che Donatella Galli, ora è giusto sottolineare l’atteggiamento ideologico del presidente del consiglio Angelo Di Biasio perchè difendere l’idiozia con peggiore idiozia è cosa veramente grave. Sono politici con delle responsabilità importanti e si comportano come tifosi delle peggiori curve!
Tatuaggi: Angelo Forgione risponde a Francesco Merlo
«“Linea della palma”? Il cattivo gusto è la linea di Arcore»
Nel corso del programma radiofonico “La Radiazza” su Radio Marte, Gianni Simioli ha dedicato parte della trasmissione al discusso commento di Francesco Merlo su “Il Venerdì” di Repubblica circa l’invasione dei tatuaggi in Italia. Intervento di Angelo Forgione e riflessioni di Alberto Dandolo e Francesco Borrelli.
Il Venerdì: “Tatuaggi, Napoli che cafonizza l’Italia”
Francesco Merlo: “moda cafonal che napoletanizza la Penisola“
Sul numero 1272 del magazine “Il Venerdì di Repubblica” del 3 Agosto un’altra offesa gratuita alla Napoletanità in toto. Nell’ambito di un articolato approfondimento sul fenomeno dei tatuaggi ad ogni costo c’è spazio per un commento di Francesco Merlo (leggi versione web) dal titolo e sottotitolo “Anche il tatuaggio ormai ridotto a simbolo della prevalenza del cafone – In Italia il record europeo di tatuati: addio alla tradizione, ai valori e ai disvalori del tattoo”.
Merlo parla di “smania italiana di arrivare all’eccesso come nelle commedie plebee” e attacca questa moda “cafonal” paragonandola a “l’unghia lunga del dito mignolo” tanto in voga in certi ambienti di qualche decade fa, manifestazione ormai svuotata di “tutti i suoi significati elitari, satanisti e devoti, esoterici e ornamentali, erotici e vezzosi, ed è diventato il segno definitivo della prevalenza del cafone”. Nel bel mezzo dell’analisi la caduta di stile, pari a quella denunciata: “Di sicuro oggi ci sono più tatuati in Italia – anche tra i lettori di questo giornale – di quanti ce ne sono nelle marina inglese, ennesima conferma di quell’avanzata della linea della palma, di quel Meridione che conquista tutta la Penisola e rende sempre più napoletano il popolo italiano, sempre più estroverso ed espressionista e dunque anche volgare e tuttavia creativo e perciò sempre più tatuato”. Una tortuosa gimcana di parole, positive come “estroverso ed espressionista” per attutire la violenza dell’assioma “volgare uguale Napoli”. Napoli che è per Merlo l’avanguardia della “linea della palma”, citazione di Leonardo Sciascia che non si riferisce al clima caldo che favorisce la vegetazione ma a una certa mentalità paramafiosa che ha invaso l’Italia.
Buttata li, ad infangare ancora una volta una città che produce “tamarri” e intellettuali come ne producono Roma e Milano. Merlo è catanese di nascita ma evidentemente la pratica “giorgiobocchiana” di associare a Napoli accezioni negative continua ad appartenere un po’ a tutti coloro che pretendono di insegnare il costume e la cultura del paese per poi inciampare nella differenza tra copyright e copywriter. E chi ha cafonizzato l’Italia non è certo la “linea della palma” ma quella di Arcore che in 30 anni di volgarità televisiva ha definito uno standard fatto di donne procaci e succinte ad ogni costo e di tatuati tronisti da laboratorio; un mondo che ha invaso le case della Penisola devastando il costume degli italiani, favorendo fenomeni come quello di “vallettopoli” che tanta fama ha dato a Fabrizio Corona… già, proprio colui che rivendica il copyright, non il copywriter. Un catanese come Merlo, non napoletano.
Donna di gran classe, sorpresa dall’esperienza calcistica a Napoli ma ben prima dalla Napoletanità. È Jacqueline Baudit in De Laurentiis in un’asciutta dichiarazione d’amore per Napoli e l’intero Sud scevra da sviolinate soverchie al microfono di Carlo Alvino per “Speciale Dimaro”.
«Amo il Sud ma li non c’è sicurezza». Eppure a Trieste e Milano…
Eros Ramazzotti, in un’intervista rilasciata a “La Repubblica”, ha commenta così la tragedia di Reggio Calabria in cui ha perso la vita Matteo Armellini di 31 anni durante l’allestimento del palco per il concerto di Laura Pausini: «Innanzitutto il dolore, il dispiacere personale, perché io Matteo Armellini lo conoscevo, ha lavorato per me per tutti i tour, abbiamo giocato anche a pallone decine di volte nel backstage. Era un professionista. Dire che non c’è professionismo in questo campo è falso.In Italia purtroppo – ha detto Ramazzotti –le cose non funzionano come dovrebbero. Gli spazi per la musica, sono inadatti. Poi, più vai a sud più la situazione peggiora: menefreghismo, mancanza di professionalità, costruzioni di 40 anni mai ammodernate. Ci sono spazi in cui è impossibile montare una struttura per un concerto, ed è per questo che da molto tempo non faccio più date al sud, nonostante io ami quel pubblico e il suo calore. Ma la realtà è questa: vai all’estero e trovi spazi per concerti costruiti in modo perfetto, per accogliere sport e musica, poi torni in Italia e sembra un viaggio all’indietro nel tempo». Il pensiero di Ramazzotti riguardo le strutture del Sud, certamente inadeguate, non è sindacabile ma bisogna ricordare che la questione non riguarda il solo Meridione e la testimonianza è arrivata subito dal Teatro “alla Scala” di Milano, il più importante della città meneghina e tra i primissimi in Italia, dove è crollata una scenografia di 12 metri per 16 schiantandosi sul palco durante l’allestimento del “Donna senz’ombra”. Tragedia sfiorata, ma i lavoratori denunciano la poca attenzione alla sicurezza e il lavoro organizzato secondo logiche di iperproduttività. A Ramazzotti bisognerebbe poi ricordare che a Dicembre il morto, Francesco Pinna di 19 anni, ci è purtroppo scappato a Trieste durante l’allestimento del palco per il concerto di Jovanotti. E simili avvenimenti luttuosi o comunque gravi si ripetono in ogni parte del mondo, come ad esempio in Francia in occasione di un concerto di Madonna. Va bene denunciare le carenze infrastrutturali al Sud, ma qui non si tratta tanto di spazi quanto di misure di sicurezza che non ci sono neanche nelle buone strutture del Nord. Quelle vanno denunciate così come le basse paghe, magari non nel caso di Armellini, ma certamente in quello di Pinna che guadagnava 5€ all’ora. E se il Sud deve rinunciare alla musica di Ramazzotti, questo non vale per l’Uzbekistan dove il cantautore ha suonato per una somma da capogiro lo scorso Ottobre al soldo della figlia del dittatore Islam Karimov; nulla di grave, ma eticamente forse qualcosa non quadra perchè in quel paese il regime locale sfrutta un milione di bambini-schiavi per la raccolta del cotone. Un po’ come montare palchi per pochi euro senza sicurezza, a Sud come a Nord.
Allora diciamocela tutta, caro Eros: forse non suoni al Sud perchè non ci sono strutture capienti disponibili per la tua dimensione artistica.