––– scrittore e giornalista, opinionista, storicista, meridionalista, culturalmente unitarista ––– "Baciata da Dio, stuprata dall'uomo. È Napoli, sulla cui vita indago per parlare del mondo."
Angelo Forgione – Scrive post razzisti e Facebook gli cancella, ma lui li riscrive sul suo blog. È Daniele Martinelli da Treviglio (BG), ex-componente del gruppo comunicazione del Movimento 5 stelle alla Camera dei deputati, che sale alla ribalta per uno scritto degno del positivismo lombrosiano di cui resta traccia e secondo il quale la predisposizione a delinquere e a fare del male è prettamente di chi nasce, cresce e si forma al Sud. Lo dice in merito alla vergognosa e squallida faccenda dei sei Carabinieri arrestati a Piacenza per associazione a delinquere, originari di Campania, Sicilia e Puglia.
Il pensiero è quello limitato di chi è incapace di capire che le mafie nascono al Sud in epoca carbonara/risorgimentale come evoluzione delle associazioni “spagnolistiche” dedite alla delinquenza, che erano al Sud come al Nord. Basta leggere I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni per capire che la violenta Milano spagnola del Seicento arrivò a sostituire il diritto con i Don Rodrigo e gli Azzecca-garbugli, in un luogo in cui ai soprusi dei nobili ci si poteva opporre solo facendo ricorso alla protezione di altri nobili più potenti. Poi, dopo l’Unità d’Italia, per le disparità economiche tra Nord e Sud, le “fratellanze” meridionali sono diventate quelle che conosciamo, alimentate dai ripetuti patti stipulati con lo Stato. E pure il fenomeno dei tanti meridionali che scelgono la carriera in divisa, per sopravvivenza e non per delinquenza, è conseguenza diretta delle problematiche esistenziali generate dalla Questione meridionale.
Certo, che le mafie siano devianza disumana, feccia che infesta il Paese e zavorra il Sud, è chiaro a tutti. Un siciliano ha sciolto un bambino nell’acido, orrore vero, come è vero che i tedeschi, guidati da un austriaco, hanno sterminato milioni di ebrei e non solo, tra cui tanti bambini.
Martinelli dovrebbe sapere che il termine “teppista” prende il nome dalla milanesissima Compagnia della Teppa di inizio Ottocento, gentaglia malvivente dedita al vandalismo e alla delinquenza gratuita nella Milano austriaca. La “teppa” era il misto fra erba e sassi attorno al castello Sforzesco di Milano.
Certo, teppista non è esattamente criminale assassino, ma Martinelli deve aver dimenticato la famigerata banda della Uno bianca, un gruppo di poliziotti deviati in servizio tra Bologna, Cesena e Rimini che seminarono violenza e sangue negli anni Novanta. 103 crimini che provocarono la morte di 24 persone e il ferimento di altre 102. Si consolerà Martinelli per il fatto che quei poliziotti criminali non erano lombardi ma romagnoli. Un po’ più meridionali dei valtellinesi, dirà.
Angelo Forgione – La fantasia dei napoletani è proverbiale e affonda le sue radici nella nascita stessa della città, nella mitica leggenda della donna uccello Parthenia, la Sirena che, insieme a Ligea e Leucosia, si getta in mare in preda alla disperazione causata dall’insensibilità di Ulisse alla malia del loro canto e finisce defunta sulle sponde rocciose dove viene fondata la Palaeopolis pregreca, nominata appunto Parthenope. Sono trascorsi millenni e le leggende continuano ad essere partorite, alcune riferite a miti e simboli autentici, altre inventate di sana pianta, senza alcun esoterismo di fondo… come quella recentissima delle sette strisce di pasta frolla incrociate a croce greca – tre in un senso e quattro nell’altro – che dovrebbero coprire la deliziosa Pastiera napoletana. Rappresenterebbero la “planimetria” ippodamea a scacchiera di Neapolis, il centro storico Unesco, con i suoi plateai / decumani intersecati dagli stenopoi / cardi. Una fantasia che non trova corrispondenza nel numero, visto che i plateai / decumani sono effettivamente tre ma gli stenopoi / cardi che li intersecano sono assai più di quattro (e irregolari).
Una fantasia che, soprattutto, non trova alcun riscontro nelle documentazioni storiche e nelle primissime ricette scritte al tempo del Regno di Napoli, tra l’epoca barocca e quella neoclassica. La nascita della Pastiera napoletana è infatti databile al Cinquecento, ma la preparazione, come quelle di altre squisitezze partenopee, è stata incubata, modificata e perfezionata nel tempo all’interno dei monasteri dell’antica Napoli. Nel Settecento, proprio le suore di San Gregorio Armeno ne avrebbero canonizzato la versione attuale, diversa da quella dell’epoca barocca precedente. Il nome “Pastiera”, infatti, come già divulgato da chi scrive, compare per iscritto nel 1693 nel trattato di cucina Lo scalco alla moderna del marchigiano Antonio Latini, scritto a Napoli e qui pubblicato nel 1693. La ricetta è quella della Di Grano, detto alla Napolitana Pastiera, una torta a metà tra il rustico e il dolce in cui, oltre a grano e ricotta, era prevista una bella quantità di formaggio Parmigiano grattato, pepe, sale, pistacchi in acqua rosa muschiata e latte di pistacchi, tutto raccolto in pasta di marzapane stemperata con altri aromi antichi.
Il Latini non fa alcun riferimento al numero di“sfogli” di marzapane per la copertura, e non lo fa neanche il pugliese Vincenzo Corrado, capocuoco presso il palazzo Cellamare di Napoli, che nel 1773, cioè ottant’anni più tardi, pubblica la prima edizione de Il Cuoco Galante, dove si legge la preparazione della Torta di frumento. Le modalità descritte dal Corrado insegnano a preparare una Pastiera più aderente a quella dolce di oggi, pur partendo dalla cottura del grano in un brodo di cappone, “la quale si coprirà con altra pasta a striscie”, senza alcuna indicazione di quantità.
Neppure il napoletano Ippolito Cavalcanti, nel 1837, accenna in alcun modo alle sette strisce nella sua ricetta scritta nell’appendice dialettale Cucina casarinola all’uso nuosto napolitano inserita nella prima edizione del suo ampio trattato didattico Cucina teorico-pratica, vero e proprio compendio dell’ormai moderna cucina napoletana. Le indicazioni del Cavalcanti insegnano a preparare una Pastiera dolce, pur offrendo l’opportunità di farla “rusteca”.
Il Cavalcanti scrive di “cancellata de tante laganelle”, senza precisare quante. Non lo fa nessuno per secoli, facendosi pastiere di ogni strisciatura nelle case e nelle pasticcerie vesuviane. Fino al 2016, quando una pasticceria nel cuore dei decumani distribuisce ai suoi clienti un racconto cartaceo intestato alla onlus “I Sedili di Napoli” in cui si narra dell’opportunità di coprire la Pastiera proprio con sette strisce, esattamente come quella mostrata dal pasticciere immortalato nella foto.
Nient’altro che un’ottima operazione di marketing territoriale che però non sfonda con la sola diffusione cartacea e con la pubblicazione su corpodinapoli.it. C’è bisogno dei social network affinché la divulgazione della nuova leggenda bruci i tempi biblici della tradizione orale e corra a velocità della rete. Le pubblicazioni sui portali identitari e soprattutto sui gruppi facebook napoletanisti si ripetono con un certo impulso a Pasqua del 2019, tutti ricalcando a cascata lo scritto de “I Sedili di Napoli” e quindi senza offrire fonti a coloro che le chiedono, pochi per la verità. Pasqua 2020 è quella dell’esplosione virale della bufala, e ci casca anche qualche divulgatore di spicco. La leggenda metropolitana è ormai virale, e me ne accorgo sulla mia pelle l’11 aprile, vigilia della Resurrezione, pubblicando su Facebook un post sulla storia della Pastiera con una foto allegata che mi ritrae in quarantena al balcone con la mia Pastiera in mano. La mia “cancellata” a rombi è realizzata con sei strisce, esattamente come in passato, quando mai nessuno ha trovato nulla da contestare. Stavolta, invece, apriti cielo! Fioccano commenti del tipo “mi cadi proprio sulla pastiera! Le strisce devono essere 7″, come se proprio io abbia commesso alto oltraggio alla napoletanità. Buona parte dei lettori, invece di beneficiare della storia documentata della Pastiera napoletana loro offertagli, del sorprendente passaggio dalla torta rustica alla torta dolce, trovano da ridire sul numero di strisce. Il giorno seguente, sera della domenica di Pasqua, il presidente della Onlus “I sedili di Napoli”,Giuseppe Serroni, pubblica un suo post sulla pagina Facebook personale (taggando il titolare della pasticceria da cui tutto ha avuto origine) con cui si dice “lieto dell’attuale divulgazione di massa, col copia-incolla, in molti casi” della storiella, avvertendo che “il documento originale è del 2016, quando la Pasticceria Ippolito a San Gaetano, cominciò a distribuirlo ai suoi acquirenti”.
Nonostante l’ammissione pubblica, qualcuno continua a chiedere le fonti a Serroni, il quale avvisa che non c’è “nessuna fonte storica. La cosa è nata un po’ per scherzo, un po’ come “ipotesi” per ricordare che abbiamo Radici storiche e Culturali molto antiche e che la Sacralità muove ancora oggi le azioni dei Napolitani. Oggi vedo, con un sorriso, che questa “teoria” è diventata “verità” perché quest’anno sta invadendo i Social”. Macché! Nessuna verità, neanche tra virgolette; non può diventarlo uno “scherzo-ipotesi” nato per attrarre clienti in pasticceria, click sul web e like sui social, a meno che non si voglia credere anche, per esempio, che la pizza margherita, già esistente almeno nel 1858 borbonico, sia stata inventata per l’omonima Savoia regina d’Italia nel 1889. Almeno lì sono passati un secolo e mezzo di delicata retorica risorgimentale. Qui siamo di fronte a un’invenzione suggestiva alla quale in tanti hanno creduto in men che non si dica, ma pur sempre tale.
Angelo Forgione – Non è bastata l’incursione di Giuseppe Cruciani sulla querelle dello spot del Buondì Motta (Bauli). A dire la sua è stata anche la provocatrice Selvaggia Lucarelli, che la sera del 23 settembre, non appena approntata la nuova campagna del Buondì Motta (Bauli), aveva corteggiato i tipi social del Buondì con un post facebook arricchito da 14mila reazioni, al quale i tipi social del Buondì non si erano mostrati insensibili, rispondendo alle lusinghe con una bella immagine pubblicitaria dedicata alla golosa Selvaggia. Così, di slancio, era partita la storia di Enza, la deficienza artificiale, sulla pagina della merendina prima che iniziasse la trasmissione degli spot televisivi. Dopodiché, l’ufficio stampa del Buondì, due settimane dopo, aveva fatto recapitare alla Lucarelli un galante carico di irresistibili merendine. In gergo commerciale, qualcuno la chiamerebbe marchetta, ma io non penso che si sia trattato di qualcosa di diverso dal vero afflato, autentica e spontanea passione per il paffuto mottino da parte della seguitissima Selvaggia. E allora, appena ricevuto il dolce dono, eccola dare prova di amore e complicità con un articolo per Il Fatto Quotidiano per proteggere il desiderato e irresistibile Buondì da quei per nulla autoironici napoletani che il giorno prima avevano avuto da precisare che la “musica Napoli” non è “musica neomelodica”. Uno scritto proposto anche su facebook, pieno zeppo di stereotipi con cui i napoletani venivano presi per i fondelli e accusati di prendersi troppo sul serio.
Chi gioca sulla pelle di un popolo è magari la stessa gente che nel 2008, alla vigilia degli Europei di calcio, sostenne la protesta per la campagna pubblicitaria della catena tedesca Media Markt (Media World in Italia) che aveva per protagonista uno stereotipato tamarro italiano con occhiali da sole e pesante catena d’oro al collo. Un chiasso diplomatico tra Italia e Germania, e si scomodò persino l’ambasciatore italiano a Berlino. Una deputata del PD invitò gli italiani in Germania al boicottaggio della catena commerciale. Risultato: Media Markt decise di ritirare lo spot. Cosa voglio dire? Che quando si tratta di italiani stereotipati dagli stranieri, gli italiani perdono la loro amabile autoironia, non ridono, e scatta addirittura la protesta internazionale. Quando si tratta di napoletani stereotipati dagli italiani, invece, i napoletani sono i soliti vittimisti fastidiosi che non sanno farsi una risata. Insomma, così funziona in Italia: Italiano stereotipato all’estero uguale protesta, napoletano stereotipato in Italia uguale vittimismo. Copiato e incollato come commento al post di Selvaggia Lucarelli, raccogliendo centinaia di consensi. Poi, all’alba, il commento spariva, come inghiottito nel cuore della notte, prima che chi scrive fosse interdetto dalla pagina della Signora perché in tanti le avevano chiesto di rispondere alla mia analisi e alla mia risposta al suo irridente articolo invece di mettere in risalto gli insulti e le minacce. Perché la Lucarelli solo insulti e minacce gradisce, e quelli attende dopo provocazione ad hoc, non confronti sul piano culturale e intellettuale, altrimenti non sarebbe Selvaggia Lucarelli. Lei, come Cruciani, vuole i napoletani rispondenti a un certo stereotipo, che è poi quello combaciante con la musica dello spot Buondì.
Quando i provocatori di mestiere, seminatori d’odio per interesse di tasca, toccano il fondo, mostrano il loro spessore iniziando a scavare. E per quanto sia normalmente corretto ignorarli, scrivono su giornali importanti e hanno un seguito enorme sui social, e non gli si può consentire di infangare un popolo e la sua cultura con irriverente ironia.
Ridere si può, certo, per non piangere. Carta o bancomat, napoletani, pagate voi.
Angelo Forgione– «Si Salierno tenesse ‘o puorto Napoli fosse muort’», dice qualcuno per un impulso competitivo sintomatico di un provincialismo litigioso e inacidito. Una rivalità unilaterale che Napoli ignora – non esistono detti napoletani contro Salerno –e che è implicita ammissione di un complesso d’inferiorità. Magari anche di Vincenzo De Luca, almeno così pare ascoltando Isaia Sales a FuoriRoma di Concita De Gregorio: «Una satrapia di provincia. Chiunque si è opposto è stato fatto fuori. È vendicativo. A Salerno c’è un sistema massonico senza massoni. De Luca, insediatosi alla Regione, ha continuato a comportarsi come se fosse il sindaco di Salerno, facendo leva su un leghismo in salsa meridionale, contro gli immigrati e i napoletani, e fa costruire una piazza di un metro più grande del Plebiscito».
Concita De Gregorio sintetizza la Salerno degli ultimi 25 anni: «È il principato di De Luca, diventato signore e padrone di un feudo che oggi governa dalla poltrona di presidente della Regione. Sa tutto, controlla tutto. E se occorre, punisce. Gestisce attraverso i figli e l’attuale sindaco un flusso incessante di denaro. […] Passerà Salerno, quando sarà il momento, che non sembra lontano, di congedare i principi, di risalire a ritroso all’origine dei soldi, di denunciare i compromessi e il malaffare, di ritrovare il vento e il colore del mare». «Il Crescent è un mostro ecologico», aggiunge una nervosa Teresa De Sio. E poi altre voci a scatenare l’ira del presidente della Regione Campania, che si sfoga su facebook: “Dopo anni e anni di aggressioni, sempre dalla stessa rete pubblica, abbiamo assistito all’ennesimo atto di squadrismo mediatico, l’ennesimo stravolgimento della realtà. Interverremo in tutte le sedi”.
Concita De Gregorio ribatte che sia De Luca che il figlio Roberto, ex assessore comunale, erano stati più volte invitati a intervenire nel programma, ma rifiutando di essere intervistati.
Angelo Forgione–Presentato in pompa magna da Matteo Renzi, il ‘Centro Apple’ di Napoli sembra sempre più un torso di mela. Il “segno tangibile” dell’attenzione del Governo per il Sud si sta rivelando un boomerang propagandistico, lasciando sulla sua scia i 600 posti di lavoro sbandierati dal premier e dalla sua pletora. Nessuna filiale europea, nessun posto di lavoro, ma una iOs Developer Academy, un’accademia formativa con borse di studio per studenti e laureati vogliosi di imparare i linguaggi di programmazione delle App.
Le prove per la selezione dei corsisti si sono svolte recentemente, senza file e ressa, di quelle che si vedono nei centri commerciali all’uscita dei nuovi modelli di iPhone. Su oltre 4000 domande accettate, si sono presentati in poco più di 1000. In moltissimi hanno evidentemente compreso l’effettivo indirizzo dell’operazione, rinunciando. Prendono corpo i sospetti della vigilia sulla soluzione orchestrata dal Governo Renzi per sistemare con un bonus l’accordo scontato siglato da Apple con il fisco italiano per una corposa evasione fiscale sulle vendite in Italia.
Angelo Forgione – In occasione di un corso di aggiornamento organizzato dall’Ordine dei Giornalisti della Campania, l’incontro con lo staff italiano di Facebook per approfondire l’uso professionale del popolarissimo social network è stata l’occasione per segnalare la superficialità con cui vengono giudicate le segnalazioni di gruppi e pagine inneggianti all’odio e al razzismo verso i napoletani. Tali segnalazioni non vengono accolte perché le regole internazionali di Facebook non tutelano le minoranze, e Napoli viene considerata tale. «È istigazione all’odio», ho detto alla mia interlocutrice. «Prendo nota» la risposta. Il co-relatore, giornalista di professione, ha precisato che «Napoli non è una minoranza».
Angelo Forgione – La settimana scorsa una consigliera della Provincia di Monza e della Brianza aveva creato un ennesimo polverone razzista-leghista su Facebook. “Forza Etna, forza vesuvio, forza Marsili!!!”. Un’immagine dell’Italia dal satellite, ritoccata cancellando la parte di Penisola a sud della Toscana. Non una novità per certi esponenti politici perchè solo poche settimane fa il segretario della Lega di Bovisio Patrizio Ferrabue aveva scatenato l’inferno con un commento dopo il rogo al magazzino cinese tra Monza e Brugherio, costringendo il suo omologo provinciale Dionigi Canobbio a scusarsi.
Le proteste e le segnalazioni giunte alla posta di V.A.N.T.O. erano state tantissime, e lo sono ancora, ma da tempo ho deciso di non entrare in discussione diretta con esponenti leghisti che dimostrano continuamente un basso livello culturale e umano. I fronti culturali e sociali in cui coinvolgersi sono decisamente altri. E ho preferito segnalare la cosa al presidente della Provincia Dario Allevi e a quello del consiglio provinciale Angelo Di Biasio chiedendo provvedimenti.
Il primo ha esternato sdegno con un messaggio sulla pagina Facebook della Provincia MB mentre il secondo, anch’egli leghista, non solo non ha risposto ma ha persino difeso la Galli versando benzina sul fuoco: «Sono battute da bar che girano da trent’anni a cui stiamo dedicando anche troppo tempo. Ricordo quando a Napoli comparvero manifesti contro un ministro della Repubblica (Umberto Bossi, ndr) gravemente ammalato; in quei giorni negli stadi si sentivano persino cori contro di lui, ma non c’è stata alcuna sollevazione». Difesa peggiore dell’attacco. Ed ecco che i leghisti continuano a dimostrare di non saper usare ciò che hanno tra le orecchie. Paragonare le “opinioni” popolari di reazione a ignominiose dichiarazioni identiche a quelle della Galli alle esternazioni di un esponente politico significa non usare il cervello.
Più che Donatella Galli, ora è giusto sottolineare l’atteggiamento ideologico del presidente del consiglio Angelo Di Biasio perchè difendere l’idiozia con peggiore idiozia è cosa veramente grave. Sono politici con delle responsabilità importanti e si comportano come tifosi delle peggiori curve!
Mi presento. Sono Marika e vi scrivo da Livorno, dato che momentaneamente mi trovo qui! Leggendo il nome di questa città penserete: “una ragazza di Livorno che ha una pagina del Napoli? Sarà di sicuro Napoletana!”. Vi sbagliate!Molti di voi pensano che la vostra città viene disprezzata e criticata da tutti… ma non è così!Io sono nata a Livorno, sono innamorata di Napoli e mi sento parte di lei! Come mai? Ho avuto la fortuna di conoscere un ragazzo napoletano 5 anni fa, è iniziata una storia d’amore stupenda, ma è iniziato anche un amore sconfinato per NAPOLI!Sapete che voci circolano al nord su Napoli. Io, come tante altre persone, sentivo queste voci ma non ci ho mai creduto! Perché io sono sempre stata del pensiero: “finché non vedo non credo!” e menomale che ho pensato così wagliù! Quando sono venuta a Napoli è stata una cosa MAGICA, non riesco nemmeno a descrivere quello che ho provato e vissuto, in tanti, infatti, non mi capiscano.Il mio ragazzo mi ha portato a Napoli per farmi vedere la sua città e farmi conoscere le persone a lui care. Ho visitato Napoli in ogni angolo, dal centro alla periferia, dai luoghi storici ai quartieri, dai luoghi di mare a quelli di montagna. MI SONO INNAMORATA! Era come se fossi in un altro pianeta, non sembrava di essere sulla Terra! Mi sono innamorata di come vive la gente, della cortesia, della gentilezza, del rispetto e del sorriso di ogni persona. Per una persona che vive al nord ed è abituata ad entrare in un bar dicendo il “buongiorno” e non ricevendo nessuna risposta, venire a Napoli è qualcosa di STRAORDINARIO. La cordialità e l’ospitalità è unica al Mondo e ci posso mettere la mano sul fuoco! Ho capito poi di amare questa città quando l’ho lasciata per la prima volta, ho pianto come una bambina sul treno. Mi ricordo ancora una signora anziana di fronte a me che disse: “Napoli fa questo effetto, nun te preoccupà…” mi ricordo che questa signora scendeva a Pisa, mi fece compagnia in tutto il viaggio trattandomi come una nipotina (pensate che quando mi alzavo in piedi e mi si spostava la maglia, me la sistemava lei). Ho avuto la fortuna di conoscere persone che mi hanno raccontato la VERA STORIA di NAPOLI, mi hanno fatto appassionare del CALCIO di NAPOLI; soprattutto i miei suoceri, mi hanno cresciuta e mi hanno fatto diventare NAPOLETANA AL 100%… non li ringrazierò mai abbastanza! Ho vissuto molte altre cose, ma starei una giornata intera a raccontare tutte le emozioni che mi hanno segnato e mi hanno fatto fare questa scelta! Ma dopo tutto questo mi sono prefissata di DIFENDERE NAPOLI in tutti i luoghi del mondo! Non m’importa dove sarà il mio futuro, NAPOLI RESTERA’ SEMPRE LA MIA CITTA’! Io, di città ne ho viste tante in Italia. Ho visto Riccione, Genova, Bologna, Modena, Firenze, Pisa, Siena, Roma, Bari, Palermo, Siracusa, Ragusa, Messina… tutte belle, ma credetemi NESSUNA DI QUESTE MI HA REGALATO CIO’ CHE MI HA REGALATO NAPOLI. Avete presente un colpo di fulmine? ecco… così! Napoli mi ha accolta come sua figlia, mi ha cullato nel suo golfo, mi ha fatto vedere la sua bellezza, mi ha fatto conoscere il suo popolo, mi ha fatto INNAMORARE. Non sono mai stata così innamorata di una città! Permettetemi di definirmi Napoletana, cari Partenopei… perché il mio amore per lei è SCONFINATO! Il mio sogno è venire a vivere a Napoli (anche con tutti i difetti che ci sono) perché so che lì starei in pace con me stessa, mi sentirei al mio agio e libera. È brutto vivere in un posto in cui non vuoi stare, credetemi. NAPOLI MI MANCA PIU’ DI OGNI ALTRA COSA, e sapere che dovrò aspettare fino a Dicembre per vederla, mi viene una gran tristezza. Ma l’AMERO’ SEMPRE!
Angelo Forgione – All’indomani della querelle con Arturo Brachetti qualche riflessione è necessaria. Ho avuto uno scambio privato di posta elettronica con il formidabile artista torinese che ha confidato di essere turbato. E così come gli ho sottolineato l’errore, come era giusto fare, così evidenzio l’esagerazione e l’accanimento che da ieri ho letto sulla sua pagina ufficiale Facebook. Purtroppo lo zelo rispetto alla questione è stato strumentalizzato o mal interpretato da chi ha imperversato e perseverato senza educazione e civiltà. Così i napoletani non ci fanno una bella figura. La “battaglia” di V.A.N.T.O. è finalizzata all’educazione al rispetto di Napoli che va oltre il caso specifico, non una guerra di offese e improperi a singoli che cadono in errore senza accorgersene (e perciò sottolineiamo i casi affinchè non si ripetano), e chi ha degenerato la polemica in una certa maniera ha finito col pregiudicare anche il nostro intento. La maleducazione non ci appartiene e ne prendiamo fermamente le distanze. Ma purtroppo Facebook è anche questo. E probabilmente gli insulti appartengono a chi ogni giorno manca di rispetto alla città coi comportamenti quotidiani. L’educazione al rispetto di Napoli va imparata prima da molti napoletani. Riflettiamoci. Brachetti è davvero estimatore di Napoli e non è prevenuto ma ha commesso una leggerezza, come la commettono in tanti. Poi c’è chi chiede scusa e chi no, chi si umilia e chi si arrampica sugli specchi. Spero di poter presto ospitare su questo blog un suo messaggio pubblico per dimostrare che non c’è prevenzione reciproca e che si tratta di questione etica e non faziosa. Quando qualcuno scrive “manco a Napoli” vuole intendere che si è fatto peggio del peggio, e quel peggio è Napoli; la frase non lascia spazio a libere interpretazioni. Ma Brachetti non se ne è reso conto, perchè questi sono cliché italiani, modi di dire e pensare, frasi fatte che però i napoletani subiscono più degli altri da decenni. La reazione spiazza perchè non ci si rende conto che per anni Napoli è stata zitta ma ora il coperchio sta saltando, poichè non si tratta di singoli episodi ma di secoli di accanimento spicciolo e meno spicciolo, innocuo per chi ne è responsabile ma sfiancante per chi ne subisce la somma. Una cosa però è da sottolineare. Del furto del portafogli ai danni di Brachetti non ne ha parlato nessuno, a parte noi a Napoli e qualche organo informativo ticinese. Ricordate quando Yanina Screpante, la fidanzata di Lavezzi, fu derubata del Rolex a Posillipo? Andò su Twitter a scrivere “Napoli città di m….a”. Apriti cielo, divenne un caso nazionale e ne parlò lo stivale intero per giorni e giorni su giornali, telegiornali e trasmissioni varie, eclissando altre rapine ad altri calciatori in altre città. Brachetti ha fatto lo stesso ma, più signorilmente, invece di scrivere “Lugano città di m…a” ha digitato “manco a Napoli”. Gira che ti rigira, chi ti va sempre di mezzo? E poi finisce che ci tacciano di vittimismo.
Yanina derubata a Napoli scatena i mass-media, Arturo a Lugano macché! Forse perchè nel caso di Brachetti si è infiammato il “vittimismo” napoletano, mentre per la Screpante si è scatenato lo sciacallaggio mediatico. La testata ticinese (o sito, visto che non c’è firma agli articoli) “TicinoLibero” ha pubblicatola notizia del furtoraccontando della nostra indignazione con terminologia derisoria, andando oltre la cronaca del fatto ma facendo trasparire un’opinione sulla nostra reazione anziché preoccuparsi della propria figuraccia con l’artista. Termini come “napoletani gente permalosa”…“tale Angelo Forgione”…“VANTO starebbe a significare niente poco di meno che…”…“Radio Marte ovviamente ha montato il caso”… “attenti a come parlate dei napoletani”. Tutto sommato, uno scritto anche più offensivo dell’ingenuità di Brachetti. Come dire… “la brutta figura è nostra ma Brachetti l’ha fatta fare anche ai napoletani e quelli si arrabbiano pure”.
Ho scritto quindi in privato alla redazione e, senza avere uno straccio di risposta, la comunicazione privata è divenuta un nuovo spunto per ulteriore approfondimento. Con un benservito all’etica del giornalismo è alla correttezza.
Alla fine una sola domanda pongo ai cordiali colleghi giornalisti (?) di “TicinoLibero” e a tutti i lettori: ma se Arturo Brachetti avesse scritto “Lugano città di m…a” come fece Yanina, gli anonimi redattori di TicinoLibero sarebbero stati zelanti… o permalosi? E ne avrebbe parlato l’Italia intera, Canton Ticino compreso, oppure no? Facile accusare quando non si è colpiti… continuamente. Altro che vittimismo, chi scrive sa bene di cosa parla.
portafogli rubato a Lugano, lui “cita” Napoli e poi la fa sparire
Il grandissimo illusionista torinese Arturo Brachetti è in questi giorni a Lugano per il suo show che meraviglia il mondo “Ciak si gira”. Ma in territorio svizzero gli hanno sottratto il portafogli, e per una volta al gioco di prestigio ha assistito lui senza divertirsi. Tanta la rabbia, e così il grande artista è andato su Facebook per esternarla con un illusionismo a danno (e ci risiamo) dell’immagine di Napoli (immagine sotto). Scrivendo così:
Ma che palle!!!….sono a Lugano con lo show… il pubblico fantastico, caloroso e intelligente etc. Ma uno deve venire qui in Svizzera per farsi fregare il portafogli… in camerino durante lo show? Mai successo! ……manco a Napoli… tanto per dire!!
Ecco, appunto; tanto per dire cosa? Così Brachetti si è tirato dietro il risentimento di tanti napoletani, tra i quali tanti suoi fans delusi. E dunque, da grande illusionista, ha cancellato il post sostituendolo con uno praticamente identico in cui al posto della parola “Napoli” è comparsa la frase “manco in altre città… magari italiane…”. Et voilà!
Ricordiamo allo stimato artisticamente Brachetti che in quanto a “borseggi”, le statistiche dicono che la sua Torino è al top delle statistiche italiane e che Napoli, secondo le recenti statistiche del 2011, è solo al 91esimo posto.