Angelo Forgione – Puntuali, giungono gli indici di criminalità elaborati da Il Sole 24 Ore in base ai dati forniti dal dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno e relativi al numero di delitti commessi e denunciati nel 2024. La maglia nera per numero di reati riportati spetta ancora una volta alla provincia di Milano, che mantiene la poco lusinghiera leadership conseguita nel 2016, allorché scalzò Roma, oggi terza, appena scavalcata da Firenze. Dietro incalza Bologna, che sorpassa Rimini e Torino.
Per trovare una città sotto Roma bisogna scorrere fino al tredicesimo posto di Napoli, che retrocede (cioè migliora) di una posizione rispetto all’anno precedente (nel 2016 era terza). Poi Catania e Palermo ai posti ventitré e ventiquattro. Foggia e Siracusa alle posizioni ventisei e ventisette.
Una classifica che non indica particolari novità, così come non è nuova l’analisi applicata: «Nord infestato dal crimine, ma al Sud si denuncia meno che nel resto d’Italia», dicono Marta Casadei e Michela Finizio, le giornaliste de Il Sole 24 Ore che hanno analizzato l’indagine:
“Alle complessità delle grandi città si affianca, in alcuni territori, una maggiore propensione alla denuncia. Questo aspetto emerge in modo evidente, affiancando i dati di Milano (6.952 reati ogni 100mila abitanti) a quelli molto inferiori di Napoli (4.479) o di Palermo (3.936)”.
Tecnicamente, si tratta di impossibilità di individuare il cosiddetto “numero oscuro”, ossia la differenza tra il numero effettivo di reati commessi (tentati e consumati) e quelli che vengono denunciati e registrati dalle statistiche ufficiali. È un indicatore della criminalità sommersa, non rilevata perché influenzata da fattori come il timore della vittima, la scarsa tolleranza sociale e l’inefficienza delle Forze dell’Ordine. Gli omicidi, per fare l’esempio più evidente, difficilmente sfuggono – specie quando consumati – alla rilevazione. Non è lo stesso per un reato come il furto, dove è forte la tendenza da parte della vittima a valutare costi e benefici per decidere se denunciare l’accaduto. In altri casi, ad esempio nei reati a sfondo sessuale, sono invece fattori di tipo culturale o, come nell’usura, il particolare rapporto tra l’autore e la vittima a influire sulla decisione di denunciare o meno il reato subito. Nel caso delle violenze sessuali, ad esempio, vengono denunciate meno del dieci percento dei casi.
Il fatto è che la criminalità è un concetto assai complesso. Esistono una criminalità reale e una criminalità percepita. A mettere ordine ci ha pensato qualche tempo fa il Ministero dell’Interno, informando in un suo Rapporto sulla criminalità che la visione di un Sud peggio messo del Nord e del Centro è del tutto discriminatoria, retaggio del razzismo positivista del secondo Ottocento, e che il Meridione, tutto sommato, non sta peggio degli altri territori. Al punto 2, nell’analisi Le regioni settentrionali e meridionali, si legge:
“Ogni reato ha una sua precisa distribuzione a livello territoriale che è riconducibile a quelle caratteristiche che distinguono i borseggi dagli scippi e dai furti in appartamento. Ad esempio, questi ultimi sono più diffusi al Nord, mentre al Sud si rileva un maggiore numero di scippi.
Questa è un’osservazione importante da tenere a mente perché smentisce l’opinione comune che tutti i reati siano in larga misura più frequenti nel Sud rispetto al Nord Italia. Si tratta di una credenza piuttosto diffusa e duratura nel tempo che si può far risalire alla scuola positivista italiana alla fine del XIX secolo quando venivano attribuiti i più alti tassi di delinquenza – sia violenta che contro la proprietà – al meridione sulla base di aspetti razziali e indicatori socioeconomici delle due aree geografiche. È invece possibile distinguere storicamente tra i reati contro la proprietà effettivamente più frequenti nel Nord e i reati violenti più diffusi al Sud. Nel caso dei furti, furti in appartamento e borseggi avvengono di più al Nord e gli scippi al Sud. Ciò non dipende, come sostengono alcuni, da una diversa propensione a denunciare i reati subiti da parte dei cittadini sulla base di un supposto maggior senso civico di chi vive nelle regioni settentrionali. Le indagini di vittimizzazione hanno infatti mostrato che si denuncia di più quanto più alto è il valore della refurtiva e quando è stata stipulata una relativa assicurazione. I diversi tassi di furti, scippi e borseggi tra Nord e Sud si spiegano meglio sulla base delle opportunità che si presentano sul territorio e in base agli stili di vita e alle attività della popolazione.”
Tradotto in soldoni, è proprio il Ministero degli Interni ad avvertire che, dappertutto, quanto più è alto il valore della refurtiva tanto è più alta la necessità di denunciare, soprattutto in presenza di polizze assicurative. Per fare un esempio, al furto di un braccialetto, ad ogni latitudine italiana, corrisponde una bassissima percentuale di denunce, mentre al furto di un’automobile corrisponde un’altissima percentuale.
Sulla base di questo assioma, è sempre il Ministero ad dirci che la minore propensione a denunciare del Sud è influenzata dalle tipologie di reati più frequenti (gli scippi), ai quali corrispondono refurtive meno preziose di quelle dei reati più frequenti al Nord, là dove c’è più benessere ad allettare il crimine.
Dunque, se pur può essere vero che il Sud contribuisca maggiormente al “numero oscuro”, è fattuale che i reati non denunciati, quelli più spiccioli, se considerati e sommati, non raggiungerebbero il valore dei reati più frequenti al Nord, tra truffe seriali e furti di beni preziosi.
Non è una novità. Già a fine Ottocento, quando proprio il Positivismo dei Lombroso, Niceforo e altri propagandisti della borghesia settentrionale plasmava l’opinione pubblica anti-meridionale e alimentava il pregiudizio settentrionale, il politico Napoleone Colajanni analizzò la delinquenza della città di Napoli in confronto a quella di Milano, dimostrando che, dati del triennio 1896-1898 alla mano, i reati complessivi nella città lombarda, che allora contava meno abitanti di quella campana e non ospitava meridionali ed extracomunitari, erano in numero maggiore che in quella campana. Ciò nonostante l’eccessiva pressione daziaria del Regno d’Italia dei Savoia cui erano stati sottoposti i napoletani, superiore a quella esercitata sui milanesi, avesse comportato, tra il 1872 e il 1899, sofferenti condizioni di povertà e parassitismo. I dati furono commentati da Francesco Saverio Nitti nella sua pubblicazione Napoli e la questione meridionale del 1903 (vedi immagine a destra).
Tanto per chiarire che poco o nulla è cambiato da oltre un secolo a qui, e che si continua a considerare più la criminalità percepita che quella reale. Quelle tra Napoli e Milano si invertono a seconda che si tratti di notizie riportate dai media o di esperienza personale sul territorio. Retaggio perpetuo del razzismo positivista.





Franco Di Mare, conduttore di Uno Mattina (Rai Uno), da napoletano equilibrato, si è tolto qualche sassolino dalla scarpa commentando gli interessanti dati forniti dalla ricerca del sociologo aretino Marzio Bargagli, che da anni smanetta tra le statistiche Sdi/Ssd sui reati e sulla sicurezza, e che ci racconta come si è evoluta la malavita in Italia negli ultimi trent’anni. E, indirettamente, ci dimostra che l’immagine di Napoli paga sempre un prezzo troppo alto rispetto alle reali dimensioni del problema sicurezza, se rapportate alle altre città medie e grandi della Penisola.


Tre rapinatori di farmacie sono stati arrestati dai Carabinieri della stazione di Milano Porta Garibaldi e della Tenenza di Pero.
Angelo Forgione – Finalmente ci siamo riusciti! L’Italia, dopo cinque mesi di battaglia di V.A.N.T.O., si è finalmente accorta dall’esempio di lealtà di Fabio Pisacane, ben precedente a quello del celebrato Simone Farina. Il nostro
Elisabetta Manini, responsabile delle relazioni esterne della Ternana Calcio spa, ci ha fatto pervenire la soddisfazione del sodalizio umbro per la notizia. Magari presto potremo noi stessi consegnare un “Premio VANTO” al rossoverde in segno di stima per aver mostrato la faccia onesta della vera Napoli.
Angelo Forgione – Statistiche e dati del Ministero degli Interni parlano chiaro: Napoli non è la capitale del crimine. Non può e non deve costituire motivo per supporre che Napoli sia una città serena, ma è sicuramente la conferma che i nodi stanno venendo al pettine. La povertà e l’indigenza stanno risalendo il paese e non sono più esclusiva prerogativa del meridione, e va da sé che micro e macro criminalità si stiano spalmando ormai lungo tutto lo stivale.