Razzismo anti-Napoli negli stadi a “il Settimanale” della TGR

Per la rubrica “Il Settimanale” della redazione RAI di Napoli, all’interno dello speciale sulla stagione degli azzurri, Cecilia Donadio ascolta Angelo Forgione all’esterno dello stadio San Paolo sul razzismo anti-napoletani negli stadi italiani combattuto nel silenzio delle istituzioni calcistiche, con ironia, orgoglio e vittorie.

videoclip / RAZZISMO LEGA-LIZZATO negli stadi italiani

videoclip / RAZZISMO LEGA-LIZZATO negli stadi italiani

deriva italiana: Napoli senza tutela in un paese poco serio

Un’altra stagione calcistica è passata senza che nessuno abbia messo un argine ai cori razzisti vomitati all’indirizzo dei napoletani, nonostante le regole introdotte dalla FIGC nel 2010 (su ispirazione del leghista Maroni). Non si sottovaluti il problema solo perchè cristallizzato e reso prassi negli stadi, la questione è gravissima e coinvolge tutta la società italiana ormai condizionata e influenzata dalla più che ventennale propaganda leghista che ha fortemente acuito una realtà già precedentemente triste.
Nei giorni scorsi il portiere della nazionale giapponese Eiji Kawashima è stato in Italia (probabili contatti con squadre della Serie A) e ha evidenziato inconsapevolmente e indirettamente quanto l’Italia sia un paese volgarmente maleducato e privo di etica. Non stupisca tutto ciò perchè quello giapponese è un popolo, cioè unito e coeso, fiero della propria terra e della propria tradizione. Agli antipodi dal popolo italiano che non esiste, disgregato dalla cultura campanilista del “tutti contro tutti” che trova il suo apice nel “tutti contro Napoli”. Il videoclip lo dimostra, partendo da quella parte politica del paese che ha fatto dell’invettiva il proprio cavallo di battaglia, e sarebbe potuto accadere solo in Italia, passando per l’ipocrisia degli organi preposti a tutelare, continuando con l’atteggiamento “distratto” e talvolta colpevole di alcuni giornalisti, per finire con il deleterio assopimento dell’orgoglio dei napoletani stessi.
Vittimismo? Chi nega tutto questo contribuisce alla morte sociale nei confini italici. A noi interessa solo evidenziare che l’Italia è un paese poco serio. Poi, chi vuol continuare faccia pure.

Il manifesto della rinascita napoletana di Muti

Il Manifesto della rinascita napoletana di Muti

«Non tutti i napoletani sanno che Napoli ha cultura superiore»

«Non sono grandesono Napoletano». Era la sera delle celebrazioni di Italia 150 e così proclamò Riccardo Muti che si sta spendendo in tutti i modi per promuovere la grande cultura di Napoli e fare in modo che siano i napoletani a valorizzarla e a difenderla. Qualche mese prima aveva ricevuto il prestigiosissimo premio “Principe de Asturias” ma in Italia nessuno lo aveva saputo per via di quel ringraziamento alla Spagna «perchè Napoletano». In occasioni ufficiali così come in altre meno ingessate, il grande maestro si è sempre detto orgoglioso di esserlo in nome di quella cultura in cui lui stesso è immerso dal punto di vista musicale essendone continuatore, avendola studiata, assorbita, riofferta e riscoperta dopo anni di delittuoso oblio.
Napoli ha bisogno dei napoletani, di quelli di cultura ma anche della gente comune che dal basso si riappropri della propria identità, della propria storia, della consapevolezza di cosa significa appartenervi e del rispetto che tale provenienza suscita negli ambienti culturali a differenza di quanto accade nella società “subculturale” contemporanea.
E le parole pronunciate nella celebrazione della recente “rinascita” del San Carlo suonano come un Manifesto per un nuovo rinascimento della città. Musica per nostre orecchie!

Brachetti come Yanina… casi uguali, reazioni diverse

Arturo come Yanina… casi simili, reazioni diverse

TicinoLibero dice “napoletani permalosi”

Angelo Forgione – All’indomani della querelle con Arturo Brachetti qualche riflessione è necessaria. Ho avuto uno scambio privato di posta elettronica con il formidabile artista torinese che ha confidato di essere turbato. E così come gli ho sottolineato l’errore, come era giusto fare, così evidenzio l’esagerazione e l’accanimento che da ieri ho letto sulla sua pagina ufficiale Facebook.
Purtroppo lo zelo rispetto alla questione è stato strumentalizzato o mal interpretato da chi ha imperversato e perseverato senza educazione e civiltà. Così i napoletani non ci fanno una bella figura. La “battaglia” di V.A.N.T.O. è finalizzata all’educazione al rispetto di Napoli che va oltre il caso specifico, non una guerra di offese e improperi a singoli che cadono in errore senza accorgersene (e perciò sottolineiamo i casi affinchè non si ripetano), e chi ha degenerato la polemica in una certa maniera ha finito col pregiudicare anche il nostro intento. La maleducazione non ci appartiene e ne prendiamo fermamente le distanze. Ma purtroppo Facebook è anche questo. E probabilmente gli insulti appartengono a chi ogni giorno manca di rispetto alla città coi comportamenti quotidiani. L’educazione al rispetto di Napoli va imparata prima da molti napoletani. Riflettiamoci.
Brachetti è davvero estimatore di Napoli e non è prevenuto ma ha commesso una leggerezza, come la commettono in tanti. Poi c’è chi chiede scusa e chi no, chi si umilia e chi si arrampica sugli specchi. Spero di poter presto ospitare su questo blog un suo messaggio pubblico per dimostrare che non c’è prevenzione reciproca e che si tratta di questione etica e non faziosa. Quando qualcuno scrive “manco a Napoli” vuole intendere che si è fatto peggio del peggio, e quel peggio è Napoli; la frase non lascia spazio a libere interpretazioni. Ma Brachetti non se ne è reso conto, perchè questi sono cliché italiani, modi di dire e pensare, frasi fatte che però i napoletani subiscono più degli altri da decenni. La reazione spiazza perchè non ci si rende conto che per anni Napoli è stata zitta ma ora il coperchio sta saltando, poichè non si tratta di singoli episodi ma di secoli di accanimento spicciolo e meno spicciolo, innocuo per chi ne è responsabile ma sfiancante per chi ne subisce la somma.
Una cosa però è da sottolineare. Del furto del portafogli ai danni di Brachetti non ne ha parlato nessuno, a parte noi a Napoli e qualche organo informativo ticinese. Ricordate quando Yanina Screpante, la fidanzata di Lavezzi, fu derubata del Rolex a Posillipo? Andò su Twitter a scrivere “Napoli città di m….a”. Apriti cielo, divenne un caso nazionale e ne parlò lo stivale intero per giorni e giorni su giornali, telegiornali e trasmissioni varie, eclissando altre rapine ad altri calciatori in altre città. Brachetti ha fatto lo stesso ma, più signorilmente, invece di scrivere “Lugano città di m…a” ha digitato “manco a Napoli”. Gira che ti rigira, chi ti va sempre di mezzo? E poi finisce che ci tacciano di vittimismo.
Yanina derubata a Napoli scatena i mass-media, Arturo a Lugano macché! Forse perchè nel caso di Brachetti si è infiammato  il “vittimismo” napoletano, mentre per la Screpante si è scatenato lo sciacallaggio mediatico.

La testata ticinese (o sito, visto che non c’è firma agli articoli) “TicinoLibero” ha pubblicato la notizia del furto raccontando della nostra indignazione con terminologia derisoria, andando oltre la cronaca del fatto ma facendo trasparire un’opinione sulla nostra reazione anziché preoccuparsi della propria figuraccia con l’artista. Termini come “napoletani gente permalosa”… “tale Angelo Forgione”… “VANTO starebbe a significare niente poco di meno che…”… “Radio Marte ovviamente ha montato il caso”“attenti a come parlate dei napoletani”. Tutto sommato, uno scritto anche più offensivo dell’ingenuità di Brachetti. Come dire… “la brutta figura è nostra ma Brachetti l’ha fatta fare anche ai napoletani e quelli si arrabbiano pure”.
Ho scritto quindi in privato alla redazione e, senza avere uno straccio di risposta, la comunicazione privata è divenuta un nuovo spunto per ulteriore approfondimento. Con un benservito all’etica del giornalismo è alla correttezza.
Alla fine una sola domanda pongo ai cordiali colleghi giornalisti (?) di “TicinoLibero” e a tutti i lettori: ma se Arturo Brachetti avesse scritto “Lugano città di m…a” come fece Yanina, gli anonimi redattori di TicinoLibero sarebbero stati zelanti… o permalosi? E ne avrebbe parlato l’Italia intera, Canton Ticino compreso, oppure no? Facile accusare quando non si è colpiti… continuamente. Altro che vittimismo, chi scrive sa bene di cosa parla.

videoclip / Cornacchione (e non solo) dopo Brignano

videoclip / Cornacchione (e non solo) dopo Brignano

per uno che si migliora, tanti peggiarono con la risata che fa male

Angelo Forgione – Della rettifica di Enrico Brignano al suo brillante sketch sulle inflessioni dialettali italiane si è già parlato. Davvero divertente quando, scorrendo da nord a sud della penisola, cambiava la cadenza territoriale. Ma, arrivato a Napoli, qualche luogo comune di troppo aveva irritato oltremisura, anche perchè per gli altri italiani non se n’erano sentiti.
Copiose furono le email di protesta inviate da tanti Napoletani al bravo artista romano, alcune delle quali trovarono risposta per voce del suo manager. Le rimostranze fruttarono evidentemente una modifica dello sketch, finalmente godibile appieno.
La versione “auto-censurata” del monologo dialettale è andata in scena durante lo spettacolo “Tu vuò fa l’americano” su Rai Uno del 4 Marzo ’11, di cui Brignano fu ospite. Lo show, realizzato a New York, ebbe tra il pubblico tanti italiani emigranti, specialmente Napoletani, che sicuramente non avrebbero gradito la versione originale.
Il 22 Novembre scorso, Nicola Savino in diretta nazionale radio e tv su “Deejay” ha parlato della videodenuncia di V.A.N.T.O. sottolineando la differenza culturale tra le performance di Brigano e del maestro Proietti, elogiando il secondo.
Chiaramente, Brignano, che è un bravissimo artista, è stato preso ad esempio di un modo pernicioso di fare spettacolo nel nostro paese, in funzione della formazione culturale dell’intera nazione che da 150 anni denigra Napoli e il meridione tutto. Modo spesso e volentieri assimilato supinamente dagli stessi comici e cabarettisti Napoletani che, una volta saliti sui palcoscenici nazionali, dimenticano che la facile risata su mali e difetti di Napoli è si un’esigenza (spesso dettata da chi li invita) per il proprio successo ma anche un tradimento per la propria napoletanità, qualora ne siano davvero ambasciatori. Brignano non è colpevolizzato perchè apprezzato. C’è infatti chi fa di peggio in tanti programmi televisivi conditi di messaggi negativi nascosti dietro l’umorismo. Prova ne sia l’insistenza di “Colorado Cafè“, ma anche il nuovo esempio documentato del bravo Antonio Cornacchione che, una volta decaduto il suo bersaglio politico preferito, non ha saputo fare di meglio che giocarsi il prevedibile jolly.

contatto Antonio Cornacchione: stefaniacornacchione@libero.it
contatto Colorado Café: michele.totti@coloradofilm.it

videoclip: C’È SOLO UN MARADONA… MA NON BASTA!

videoclip: C’È SOLO UN MARADONA… MA NON BASTA!
il messaggio extra-calcistico del più grande di tutti

Angelo Forgione – Il Napoli è tornato a sgomitare tra le grandi d’Italia e d’Europa. E il presidente De Laurentiis ha lanciato messaggi per la rinascita di Napoli città prendendo esempio dall’impresa calcistica. Certo è che Napoli, nonostante una passione unica, non può ridursi a solo calcio e gli stessi tifosi Napoletani non devono pensare che basti il Napoli per dimenticare i problemi di una città stretta nella morsa tra malavita, disoccupazione ed emigrazione. Sembra che i mali di Napoli abbiano cancellato le sue eccellenze, la sua storia, la sua cultura e questo è gravissimo. Ogni tifoso Napoletano deve invece partire dal suo amore per il Napoli per riflettere sul suo amore per Napoli.
L’idolo di sempre, Maradona, non è solo l’uomo che ha portato Napoli a primeggiare ribaltando le gerarchie del calcio ma è anche colui che ha interpretato nel migliore dei modi lo spirito identitario dei Napoletani al di fuori del calcio. Il paradosso sta nel fatto che non era profeta in patria perchè non era Napoletano, eppure seppe dare dimostrazione di aver capito, più di tanti Napoletani, alcune dinamiche sociali di uno strano paese che fa proprio del calcio il campo di battaglia per professare odi e intolleranze. Diego fu un “Che” per la sua Argentina, per la sua Napoli e anche per la sua Cuba. Certo, non fu “condottiero” per se stesso e per le sue figlie, ma oltre i suoi errori umani seppe sempre dare grandi dimostrazioni di umanità e non c’è un suo ex compagno di squadra che parli male di lui, anzi. Questo perchè si assumeva le sue responsabilità di uomo leader, mettendoci la faccia in ogni situazione. Maradona divenne un simbolo extra-calcistico e molti non se ne accorsero, come un Robin Hood del calcio venuto a sottrarre il proscenio ai ricchi club del Nord per donare trionfi a chi non li aveva mai assaporati. Lo divenne perchè abbracciò la Napoletanità già dalla prima partita disputata in Italia: 16 Settembre 1984, Verona-Napoli. Veniva da Barcellona, laddove gli argentini vengono marchiati col titolo infamante di “sudaca”; un inferno troppo grande da sopportare il razzismo sulla sua pelle, e così nacque la sua tossicodipendenza. Furono questi i motivi della sua fuga dalla città catalana in direzione Napoli, una liberazione! Poi si accorse che la sua nuova gente era infamata col marchio di “terroni”. Terroni come i sudaca, e l’argentino divenne il capo dei terroni.
7 anni di battaglie dentro e fuori dal campo per difendere Napoli nonostante i Napoletani lo avessero rinchiuso in una gabbia dorata. Mai una parola contro la città, ieri come oggi. L’indole del capopopolo, del “Che” argentino che va a combattere per un popolo che ne ha bisogno. L’indignazione per uno strano paese che tocca l’apice alla vigilia della semifinale mondiale di “Italia 90” dove la sua Argentina sfida l’Italia nella sua Napoli. Il condottiero rompe il fronte, invita i Napoletani a riflettere, e i Napoletani riflettono ma non abbandonano la patria. Ma per l’Argentina e il suo inno c’è il rispetto che invece i romani non riservano al “Maradona il Napoletano” la sera della finale contro l’Argentina. Fischi assordanti con Diego che apostrofa i romani che per lui rappresentano tutta l’Italia senza Napoli, mentre tutto l’entourage argentino si guarda intorno basito. È li che capiscono che l’ambiente gli è contrario, forse anche l’arbitro  che poi inventa un rigore e fa piangere el pibe de oro al momento della premiazione.
Maradona era un Napoletano finchè è stato a Napoli e non glielo perdonarono. Il legame lo hanno creato le due parole “sudaca” e “terroni” e lo hanno consolidato i fischi, gli insulti, gli striscioni offensivi con cui è stato accolto negli stadi italiani perché rappresentava Napoli, anzi Napoli vincente. Nessuno straniero è stato trattato come lui, nessuno ha pagato come lui la sua identificazione con Napoli.
Oggi la stessa antipatia la sta cominciando a suscitare De Laurentiis che non a caso sembra aver raccolto sotto altri aspetti l’eredità dell’ex n.10. Il cui esempio non è stato però mai seguito dagli stessi Napoletani che si sono limitati a sperare che fosse il Napoli a dargli orgoglio. Atteggiamento passivo e improduttivo! Maradona indicò una via, quella di pretendere il rispetto anche fuori dal campo, nella vita di tutti i giorni. Ma il rispetto non è un atto dovuto a prescindere neanche per una città ricca di cultura che l’Italia dovrebbe vantare al mondo. Il rispetto per Napoli deve partire dagli stessi Napoletani e finche si continuerà a maltrattare una delle più belle città del mondo e la sua storia unica, il rispetto non sarà mai meritato. I Napoletani che maltrattano Napoli valgono esattamente quanto chi la denigra con pregiudizio. Insomma, non sono solo i non Napoletani a dover essere denunciati: un po’ di serena autocritica non guasta. Ognuno sia idolo di se stesso!
È vero che c’è solo un Maradona, ma nella vita di tutti i giorni c’è un Maradona in ogni Napoletano; basta farlo “scendere in campo”.

videoclip: “RISPETTO (quando segna un goal Cavani)”

videoclip: “RISPETTO (quando segna un goal Cavani)”
da un lavoro musicale di Danilo Belsino su V.A.N.T.O.

Angelo Forgione – Quando qualche settimana fa Danilo Belsino, un giovane sperimentatore musicale di Ercolano, mi contattò per comunicarmi di aver composto un brano ispirato dalle tematiche sociali della Napoletanità da me trattate e spesso accostate agli aspetti sportivi, ne ebbi gran piacere perchè era un’ulteriore testimonianza di come il messaggio di V.A.N.T.O. attecchisse e potesse interessare su vari livelli la nostra comunità.
Ascoltando il pezzo mi accorsi che era anche decisamente valido non solo nelle sonorità ma anche ben corrispondente a quella parte del “v.a.n.t.o.-pensiero” che intende la passione sportiva napoletana come potentissimo veicolo di orgoglio e riscatto pro-attivo e mai passivo dei Napoletani, tifosi di Napoli prima ancora che del Napoli.
Una città stupenda, ricca di storia, che ha posto le basi della moderna civiltà europea, non deve essere difesa solo allo stadio ma anche fuori di esso, con il comportamento civile e responsabile di ognuno di noi. Il rispetto si guadagna riappropriandoci della nostra migliore identità, appannata da decenni di educazione alla minorità che hanno causato un atteggiamento lassista e fin troppo tollerante verso chi ha devastato la nostra terra, napoletani compresi.
La spia del nostro orgoglio si accende allo stadio, ma potrebbe e dovrebbe farlo anche nella vita di tutti i giorni; perchè ciò accada basterebbe riscoprire e recuperare la nostra identità e la nostra storia seconda a nessuno. Ma intanto, quando il nostro Napoli vince offre a tutti noi la rivalsa verso chi ci denigra e chi, magari, è più abituato al sapore della vittoria e ne fa un ulteriore motivo di presunta superiorità di etnia che però non trova riscontro nella storia… anzi!
Il brano “RISPETTO, Quando segna un goal Cavani” di Danilo Belsino racchiude il messaggio e tira in ballo, come detto, alcune tematiche di V.A.N.T.O.: il valore sociale del Napoli per i napoletani, il razzismo  verso di essi negli stadi (e fuori) mai combattuto dagli organi preposti, i luoghi comuni contro Napoli frutto dell’ignoranza più becera, gli attacchi alla città da parte di presunti intellettuali (Bocca su tutti) e personaggi televisivi più volte denunciati in “Ammazziamo Pulcinella”, le parole di Goethe in “Viaggio in Italia” che descrivono la meraviglia di Napoli nel 1786 (nel video “Napoli sei tu!”).
Il buon lavoro di Belsino necessitava di un videoclip su misura, capace di accompagnare con le giuste immagini un brano in cui Cavani diventa quello che oggi è per i tifosi: il paladino dell’orgoglio, a patto che questo lo si dimostri davvero rispettando la nostra città. RISPETTO, quello che tutti gli italiani devono a Napoli, Napoletani compresi. Se ne saremo capaci, vinceremo la partita per il nostro riscatto.

RISPETTO
(quando segna un goal Cavani)
musica e testo: D. Belsino

Non e’ questione di maglia o di inno,
non e’ questione di bandiere che di “volta” ce ne stanno troppi,
è il mio orgoglio che e’ in ballo,
è per questo che io godo quando segnano.
È la rivincita, perche’ lo sai e’ sempre lo stesso da tempo,
mi odia un poco tutta l’italia
ma una questione calcistica conduce alla pessima etica
dell’italiano che nasconde la faccia sotto la maglia
è l’asino che raglia,
sputa fuori tutta l’imbecillità
cori e offese razziste come se…
come se lo stadio fosse un arena di battaglia.

IO DIFENDO I MIEI COLORI
LI STRAPPO DALLE MANI DEI DETRATTORI E PRETENDO RISPETTO
MENTRE TUTTI QUANTI ME LO TOLGONO
È PER QUESTO CHE IO GODO QUANDO SEGNANO.
È LA DIFESA DELL’ORGOGLIO, UNA PICCOLA RIVINCITA
MENTRE L’ITALIA MORTIFICA
NASCONDENDOSI DIETRO LUOGHI COMUNI…
È PER QUESTO CHE GODO QUANDO SEGNA UN GOL CAVANI.

Il piu’ bello dei sogni non e’ immenso quanto te.
Tu che ci illudi e ci stanchi, tu che ci incanti, dai non mollare…
e come quando sei sotto di due goal e la partita s’é messa male,
tocca lottare, difendere l’area, poi ripartire,
pressare, alzare il baricentro, ringhiare su ogni pallone.
L’energia dei settantamila
e la sfida, come nella vita, ha bisogno di pazzia… fantasia…
il mio popolo e’ magia pura… e lo stadio si colora e canta….

IO DIFENDO I MIEI COLORI
LI STRAPPO DALLE MANI DEI DETRATTORI E PRETENDO RISPETTO
MENTRE TUTTI QUANTI ME LO TOLGONO
È PER QUESTO CHE IO GODO QUANDO SEGNANO.
È LA DIFESA DELL’ORGOGLIO, UNA PICCOLA RIVINCITA
MENTRE L’ITALIA MORTIFICA
NASCONDENDOSI DIETRO LUOGHI COMUNI…
È PER QUESTO CHE GODO QUANDO SEGNA UN GOL CAVANI.

Come un tunnel senza uscita, pare che non ci sia speranza per la mia citta’… ‘ha detto pure Bocca!
“Queste rive, golfi, insenature, il vesuvio, la citta’ coi suoi dintorni, i castelli, le ville…
siano perdonati tutti coloro che a Napoli escono di senno.
Se nessun napoletano vuole andarsene dalla sua città,
se i poeti celebrano in grandiose iperboli l’incanto di questi siti,
non si può fargliene carico… qui non si riesce davvero a rimpiangere Roma.
Confrontata con questa grande apertura di cielo, la capitale del mondo nella bassura del tevere
appare come un vecchio convento in posizione sfavorevole”… Goethe

IO DIFENDO I MIEI COLORI
LI STRAPPO DALLE MANI DEI DETRATTORI E PRETENDO RISPETTO
MENTRE TUTTI QUANTI ME LO TOLGONO
È PER QUESTO CHE IO GODO QUANDO SEGNANO.
È LA DIFESA DELL’ORGOGLIO, UNA PICCOLA RIVINCITA
MENTRE L’ITALIA MORTIFICA
NASCONDENDOSI DIETRO LUOGHI COMUNI…
È PER QUESTO CHE GODO QUANDO SEGNA UN GOL CAVANI.

Impara a rispettare il mio popolo, fratello… che hai tanto da imparare.
E poi… e poi non.. non cacciate nessun inno… (‘sto Gigi D’Alessio)
che noi già ce l’abbiamo.
Lasciate perdere, va… bis!