Angelo Forgione – L’Autostrada del Sole ha compiuto 50 anni. L’opera venne completata definitivamente il 4 ottobre del 1964 e unì il Nord al Sud, ma fermandosi a Napoli, attraverso sei regioni. Una grandiosa opera che divenne il simbolo stesso del miracolo economico italiano.
La prima pietra fu posata l’8 dicembre del 1958. Era l’Italia che usciva dalla Guerra con gli aiuti del Piano Marshall per la ricostruzione. Erano state rimesse in piedi anche le fabbriche vitali, come la Fiat, a cui erano state assicurate commesse negli USA in cambio del licenziamento degli operai comunisti per accordo tra i vertici torinesi (Vittorio Valletta e Gianni Agnelli) e l’ambasciatrice statunitense Clare Boothe Luce, forte oppositrice del comunismo italiano.
Nel 1954, gli uomini Fiat Valletta e Agnelli erano entrati nel nascente Gruppo Bildeberg, un club occulto riservato agli uomini più influenti d’Europa e degli Stati Uniti, legati a varie massonerie. Proprio nel 1954, Fiat, Eni, Pirelli e Italcementi avevano dato vita alla SISI Spa (Sviluppo Iniziative Stradali Italiane) per favorire il mercato automobilistico a scapito del trasporto su ferro, attraverso l’imposizione all’opinione pubblica dell’equazione “autostrade uguale sviluppo economico”. Senza le strade, le macchine le avrebbero acquistate solo i più ricchi borghesi delle grandi città. Lo Stato intervenne a sostegno, costituendo la Società Concessioni e Costruzioni Autostrade Spa per aggirare le limitate disponibilità dell’Anas. I finanziamenti furono impegnati sullo sviluppo della motorizzazione, mentre alle Ferrovie dello Stato furono destinate scarse risorse con le quali fu solo riattivata, e lentamente, una rete ormai inadeguata, che invece avrebbe necessitato della costruzione di nuove tratte e della correzione di quelle insufficienti.
Il progetto pilotato di “motorizzazione” degli italiani prevedeva un asse orizzontale Torino-Milano-Venezia-Trieste, una diramazione da Milano per Genova, un asse verticale da Milano verso Bologna che si sarebbe biforcato, verso Roma-Napoli e verso Ancona-Pescara. Per le auto che scendevano al Sud, mentre gli operai che le costruivano salivano al Nord col “Treno del Sole”, occorreva un nome simbolico: “Autostrada del Sole” era perfetto. La realizzazione della rete autostradale e il boom economico misero gli italiani al volante. La Casa di Torino crebbe in produzione, dipendenti, esportazione e fatturato. Missione compiuta! Solo quando ormai tutti possedevano una macchina e lo scenario delle città era cambiato (in peggio, con l’invasione dal nuovo simbolo del miraggio di libertà) furono affrontatati, con importanti finanziamenti, gli aspetti critici della rete ferroviaria, alcuni ancora irrisolti al Centro-Sud. Oggi, per risolvere il problema della congestione urbana da automobili, si realizzano metropolitane sotterranee o leggere in ogni città di rilevanti dimensioni. Inutile dire che gli investimenti sulla rete autostradale e su quella ferroviaria sono tuttora concentrati più al Nord, ma questa è un’altra storia. Ma anche no.
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Settembre 1943, la Reggia di Caserta bombardata
Angelo Forgione – Troppi danni fecero a Napoli i violenti e ripetuti bombardamenti delle forze alleate di Inghilterra e Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale, operati per colpire uno snodo nevralgico sul Mediterraneo e per stremare psicologicamente la popolazione, spingendola alla rivolta contro le truppe naziste. Ne fecero le speso vite umane e monumenti. Nonostante già dal 1942 fossero stati creati negli States due comitati (presso la Harvard University e l’American Council of Learned Societies) composti da ufficiali e da studiosi di Storia
dell’Arte che collaborarono con gli inglesi alla creazione di un elenco dei più importanti monumenti italiani ed europei da preservare, quelli napoletani furono colpiti chirurgicamente. Le regole di comportamento furono pure dettate, ma spesso i soldati alleati non le rispettarono. Neanche la Reggia di Caserta fu risparmiata, subendo danni prima dell’insediamento delle stesse truppe.
Caserta fu messa in ginocchio, per la prima volta, dal violento bombardamento del 27 agosto 1943 che ebbe come obiettivo la stazione ferroviaria ma che distrusse anche la Chiesa di Sant’Anna e l’ospedale di piazza Marconi, oltre a mietere centinaia di vittime. Gli aerei carichi di ordigni, che in quel periodo sorvolavano Caserta in direzione di Napoli, si abbassarono sulla città della Reggia.
Il 24 settembre, l’obiettivo fu proprio il Palazzo Reale, colpito da un raid aereo che causò la quasi completa devastazione della bellissima Cappella Palatina di Luigi Vanvitelli, completata dal figlio Carlo e inaugurata nel Natale del 1784, durante la Messa di mezzanotte celebrata alla presenza di Ferdinando IV e di tutta la corte. Le bombe penetrarono in più punti dalla volta (vedi foto sopra) e causarono ingenti danni ai marmi e la perdita di tutti i preziosi dipinti e gli arredi sacri, fatta salva la tela con l’Immacolata Concezione di Giuseppe Bonito, fortunatamente ancora oggi collocata sull’altare maggiore.
Nel 1948 iniziò un difficilissimo e lungo lavoro di restauro per riavvicinare la Cappella Palatina al suo splendore originario, ma forti difficoltà comportarono le integrazioni delle parti marmoree, che, a causa dell’estinzione delle cave borboniche, richiesero il reperimento dei materiali sul mercato antiquario. I danni, non completamente riparati, sono ancora ben evidenti in alcuni punti sventrati e sulle colonne, visibilmente danneggiate.
Alcune cronache raccontano che i soldati, una volta preso possesso della Reggia, si divertivano a centrare con le armi le sculture del parco, ad orinare in alcune stanze degli appartamenti storici e ad imbrattare dipinti e sculture. Fu proprio alla Reggia che, il 7
maggio del 1945, fu sancita la fine della Seconda Guerra Mondiale, con la firma della resa incondizionata della Germania alle Forze Alleate, alla presenza del generale americano Alexander, del generale inglese Morgan e del generale tedesco Von Vienhiagoff (foto a destra).
L’Espresso e le copertine “sputtanapoli”
nuovo schiaffo dopo quello ai tempi del colera e quelli più recenti
Angelo Forgione – La copertina de l’Espresso, dedicata all’inquinamento di Napoli, recita così: “Bevi Napoli e poi muori”. Da un rubinetto nero fuoriesce acqua nera, non caffè napoletano, e parte la psicosi del bicchier d’acqua. L’inchiesta rende noti i risultati di una ricerca del comando americano sul territorio eseguita tra il 2009 e il 2011, dalla quale si evincerebbero tracce di uranio nell’acqua contaminata e gas velenosi che escono dal suolo. I militari USA concludono: “Nessuna zona è sicura, nemmeno nel centro di Napoli”.
Di che acqua si tratta e di quali aree? Quelle tra Napoli e Caserta: tre “zone rosse” intorno a Casal di Principe, Villa Literno, Marcianise, Casoria e Arzano, dove i militari presero in fitto appartamenti abusivi e quindi allacciati a pozzi contaminati, e non dalla rete idrica. Criticità sono segnalate anche per il 57 per cento degli acquedotti esaminati nel centro di Napoli e il 16 per cento nel quartiere Bagnoli, non a causa delle sorgenti ma per via delle cattive condizioni delle tubature, e qui il problema è diverso.
Non è il caso di mettere la testa sotto la sabbia perché un grosso problema ambientale c’è, ma bisogna chiarire che le analisi americane erano riferite ad acqua “illegale” e su queste il quotidiano ha calcato la mano, strumentalizzando dati che con la rete idrica niente c’entrano. L’acqua erogata in città, almeno quella, risulta controllata e potabile, e i dati delle analisi sono consultabili da tutti attraverso il sito dell’azienda ABC, che quindici mesi fa, ben oltre il 2011, quando si chiamava Arin, fu elogiata da SKY che informò gli italiani sul fatto che l’acqua più “trasparente” del Paese fosse quella di Napoli. “Il servizio porta Napoli
tra le eccellenze per quanto riguarda la ‘trasparenza’ e la assiduità della comunicazione pubblica dei dati a proposito delle acque che circolano nella rete idrica cittadina”. Questa fu la notizia che nel dettaglio esaltava i ventotto parametri tenuti in considerazione dalle analisi di laboratorio, i cinquantuno punti di prelievo e gli aggiornamenti pubblici a cadenza mensile, quartiere per quartiere. Meglio della pur esaustiva municipalizzata Smat di Torino e di tutte le altre città italiane. Presi per buoni i valori pubblicati, tutti soddisfacenti, ognuno può verificare, almeno nella città di Napoli, cosa beve.
A fine 2011, un altro studio interuniversitario aveva analizzato la qualità di 157 campioni raccolti in casa o alle fontanelle di oltre un centinaio di località del Nord, del Centro e del Sud della Penisola. Fu realizzato nell’ambito del progetto europeo Eurogeosurvey geochemistry expert group con il lavoro di alcuni ricercatori italiani, grazie ai quali fu possibile valutare l’acqua di 112 comuni. In 5 casi l’acqua analizzata non risultò potabile e tra le dieci città con maggiore concentrazione di nitrati non figurava Napoli ma, ad esempio, città come Milano e Venezia.
Bisogna pretendere chiarezza dall’indagine dei militari
USA e da chi deve sovraintendere alla salute pubblica, ma una cosa è certa: non è la prima volta che il settimanale l’Espresso sbatte il mostro Napoli in prima pagina. Passando per il “Napoli addio” del 2005 e il “Napoli perduta” del 2006, sembra di rivivere i tempi del colera del 1973, quando Napoli fu colpita dall’accanimento mediatico e da titoli a sensazione, salvo poi scoprire che l’epidemia fu portata da mitili del Nordafrica. Anche in quell’occasione, l’Espresso titolò addirittura “Bandiera gialla”. Ne era inviato un giovane Paolo Mieli, che, conoscendo certe dinamiche, riconosce oggi quanti ricami giornalisti si facciano su Napoli.
I 100 bombardamenti di Napoli
americani e inglesi sfregiarono la memoria artistica della città e le sue industrie
Angelo Forgione – Napoli città dal destino avverso. Uno dei periodi più tragici è stato sicuramente quello bellico, quando la città pagò (ancora una volta) la sua posizione di privilegio nel Mediterraneo e la presenza delle sue industrie. Finì con l’essere designata quale obiettivo strategico da colpire, il più bombardato d’Italia: più di cento raid aerei, in gran parte degli Alleati anglo-americani, circa venticinquemila vittime civili e un tessuto sociale e urbano devastato nelle abitazioni civili, nei monumenti, negli ospedali e nelle fabbriche. La popolazione napoletana fu vittima di una strategia del terrore, esasperata di proposito nel morale per essere condotta alla sollevazione e alla resistenza che sfociò nelle Quattro giornate del ‘43 con cui furono scacciati i nazisti. Tutto questo è dimostrato da una lettera dal presidente USA Franklin Roosevelt al primo ministro del Regno Unito Winston Churchill, datata luglio 1941:
“[…] Noi dobbiamo sottoporre la Germania e l’Italia ad un incessante e sempre crescente bombardamento aereo. Queste misure possono da sole provocare un rivolgimento interno o un crollo.”
Nell’ottobre del 1942, Roosevelt scrisse ancora a Churcill:
“[…] deve essere nostro irrinunciabile programma un sempre maggior carico di bombe da sganciare sopra la Germania e l’Italia.”
Nel luglio del ’43, sempre il presidente USA affermò:
“Bombardare, bombardare, bombardare […] io non credo che ai tedeschi piaccia tale medicina e agli italiani ancor meno […] la furia della popolazione italiana può ora volgersi contro intrusi tedeschi che hanno portato, come essi sentiranno, queste sofferenze sull’Italia e che sono venuti in suo aiuto così debolmente e malvolentieri […]”
Alla fine, la città fu messa in ginocchio. I monumenti furono gravemente danneggiati, uno scempio studiato a tavolino, ed emblematico è il caso della basilica di Santa Chiara che perse tutta la ricercatezza artistica del periodo barocco (vedi a lato) e gli affreschi settecenteschi nella ricostruzione del dopoguerra che si rifece all’aspetto originale del Trecento. Le macerie diedero un’ulteriore spallata all’industria dell’ex-capitale che s’incamminò verso il declino completo avviato con l’Unità d’Italia. Fortunata Napoli.
Di Napoli ce n’è una sola… ma anche no
Naples e Napoles, comunità omonime nel mondo
Un cordone ombelicale lega Napoli agli Stati Uniti e non è solo fama di canzoni, cibo e bellezze della città partenopea. Napoli è città italiana con molte omonime dedicate nel nuovo mondo, dove gli emigranti del periodo post-unitario si trasferirono per cercare fortuna.
Il caso più significativo è quello di Naples, città della Florida, fondata nel 1880 col nome della città partenopea per via del clima assolato e mite, del mare pescoso e della bellezza del posto paragonati al golfo di Napoli, anche se in realtà la conformazione geologica del luogo è ben diversa dalla Napoli originale. Vi si era trasferito l’ex calciatore Giorgio Chinaglia che curiosamente aveva giocato nell’Internapoli prima di diventare bandiera della Lazio, poi deceduto prima della partita Lazio-Napoli. Nel film statunitense “Stigmate” del 1999, c’è la scena in cui i due protagonisti si conoscono; un prete gesuita chiede ad una parrucchiera da dove viene. Lei risponde “Naples” riferendosi alla cittadina americana ma lui, sorridente, commenta in in italiano “la città più bella città del mondo” per poi ricevere chiarimento dell’equivoco.
Non solo la bella Naples sul mare, negli USA ve ne sono ben undici. Nel 1834, era già nata la città di Napoli nella contea di Cumberland nel Maine, nord USA. E poi la comunità di Naples nella contea di Boundary nello stato dell’Idaho composta da contadini e taglialegna in cui gli emigranti napoletani si trasferirono per costruire intorno al 1890 la prima ferrovia che attraversò la contea. Stesso nome per la Naples della contea Uintah nello Utah e per quella nella contea Ontario dello stato di New York dove, nella contea Cattaraugus c’è un’altra Napoli, stavolta chiamata all’italiana; e ancora, la Naples della contea di Clark in Dakota del Sud, la Naples nella contea di Scott in Illinois, la Naples nella contea di Morris in Texas e la Naples nella contea di Buffalo in Wisconsin.
Oltre gli USA, più a Sud vi sono Napoles in Messico, Bolivia, Colombia, Costa Riva, Ecuador, Messico e Filippine; e ancora Naples in Gambia.
Campania da vendere? Costa troppo e non conviene
Campania da vendere? Costa troppo e non conviene
Klaus Davi insegue le idiozie di Borghezio e Radio Marte lo bacchetta
L’onnipresenza dei leghisti in tv, in radio e sui giornali nonché il “supporto” dei media troppo costante e accondiscendente è ormai stato ben denunciato e reso evidente. Tutto funzionale all’obiettivo di distrarre l’opinione pubblica dai reali problemi del paese e dalle ruberie della Lega stessa. L’ultima boutade (per chi l’ascolta, non per chi l’ha detta) è concertata dalla coppia Mario Borghezio – Klaus Davi, quest’ultimo a porgere l’assist per il leghista che vorrebbe vendere la Campania e la Sicilia, ma guarda caso non la Calabria, a qualche oligarca straniero. È accaduto a “KlausCondicio“, il salotto virtuale su Youtube di Klaus Davi e basta ascoltare l’introduzione dell’intervista per capire che il giornalista ha fornito un’imbeccata studiata a tavolino: «secondo alcuni l’unico modo possibile per combattere la mafia è vendere la Sicilia ad un oligarca russo, lei cosa ne pensa?». Dei fantomatici “alcuni” non c’è traccia e la fonte non è reperibile.
A “La Radiazza” su Radio Marte il tema è stato affrontato scherzosamente, ma non troppo, con Gianni Simioli che, supportato da Francesco Borrelli, ha contattato proprio Klaus Davi per esprimergli il disappunto per tanta complicità e disponibilità a dar voce a chi per missione infanga Napoli e l’intero Sud. A chiudere la trasmissione, Angelo Forgione che ha condensato il valore della Campania facendone una sarcastica stima relativa.
America’s Cup a Napoli, tutto tace… anzi no
America’s Cup a Napoli, tutto tace… anzi no
nuovo attacco alla città senza colpevoli… per mistificare i dati?
Angelo Forgione – Monta su internet la rabbia dei napoletani per il “decalogo per sopravvivere a Napoli” che sarebbe stato diffuso via email dall’Ambasciata americana ai cittadini di nazionalità statunitense intenzionati a godersi le World Series dell’America’s Cup nella città partenopea. Un vademecum pieno di luoghi comuni che fanno a pezzi i partenopei, diffuso da Mediaset attraverso Tgcom che parla di “opuscolo”, non di email. Un caso, un mistero, poichè la stessa Ambasciata ha smentito così: “L’avviso pubblicato sul sito dell’ambasciata americana in Italia ha riguardato le disposizioni sul traffico nella zona intorno al Consolato e la disponibilità alberghiera. In recenti interviste rilasciate alla stampa locale, il console generale Moore ha più volte ribadito che l’America’s Cup rappresenta un’ottima opportunità per Napoli e che la città potrà dimostrare di essere il luogo adatto a ospitare importanti eventi” .
Lo stesso Console Moore, durante una conferenza stampa, ha precisato: “Quello che abbiamo pubblicato sul sito ufficiale in relazione all’America’s Cup riguarda solo le nuove disposizioni di traffico e la disponibilità alberghiera. Annualmente produciamo dei rapporti sulla sicurezza di tutti i paesi del mondo perché la protezione dei cittadini americani è la nostra primaria responsabilità, ma questo non è in alcun modo da mettere in relazione con l’America’s Cup. Ribadisco dunque la nostra opinione: la grande competizione velica sarà un’ottima opportunità per dimostrare che Napoli è una città internazionale”. E del resto i rapporti antichissimi tra le Due Sicilie e gli States sono stati celebrati recentemente dall’Ambasciatore Thorne.
Intanto “Il Mattino” ha rincarato la dose, pubblicando una presunta copia della mail originale e alimentando il fuoco, dalla quale però non si evince neanche che lo scritto si riferisca alla Coppa America. Dov’è la verità? Decalogo o no, il Dipartimento di Stato americano avverte i suoi viaggiatori dei pericoli di ogni paese. E, rispetto all’Italia, gli avvisi generici si riferiscono a diverse città e non alla sola Napoli. Il problema è che, se questa mail è “sfuggita” a qualche buontempone, colpisce specificatamente e ancora una volta una città che cerca di rifarsi un’immagine agli occhi del mondo dopo lo scandalo dei rifiuti.
Il dolo c’è ed è innegabile, ed è facile pensare che a qualcuno l’evento internazionale velico nel golfo più bello del mondo dia fastidio a tal punto da voler creare un nuovo caso Napoli pur sapendo che in occasione di eventi internazionali del genere ci pensano i piani di sicurezza a garantire la serenità ai turisti. In questi giorni i maggiori telegiornali irradiano servizi sulle destinazioni turistiche di Pasqua evinte dalle prenotazioni sul sito expedia, quindi relative, e nessuno cita Napoli nonostante le ottime previsioni (alberghi pieni al 90%) a ridosso di un evento come la Coppa America che già di per sè stesso dovrebbe far parlare di se. La strada è in qualche modo “forzatamente” in salita, ed è fondato il sospetto che qualcuno voglia “occultare” i dati del Ministero degli Interni sulla criminalità del 2011 che dimostrano come Napoli non sia la capitale del crimine e che altre metropoli e città medio-grandi italiane se la passano peggio. Ma di questo, come al solito, nessuno ne parla.
Grantland.com: «Napoli squadra più “cool” d’Europa»
Grantland.com: «Napoli squadra più “cool” d’Europa»
“Americani, cercate una europea? Appassionatevi al Napoli!”
La stampa sportiva internazionale è tutta affascinata dalle imprese del Napoli. Tra i vari articoli letti in giro sul web, quello di Grantland.com merita di essere riportato perchè dimostra quale possa essere il ritorno di immagine nel mondo per la società partenopea ma anche per la città derivante dalle imprese di Champions League. Grantland è un sito americano di Los Angeles (di proprietà di ESPN) che ha come “mission” la proposta di analisi sportive che vadano oltre lo sport e che interessino con leggerezza l’universo ben più ampio della cultura pop, di cui lo sport è protagonista, e non solo. Notoriamente il calcio non è propriamente tra gli sport più popolari negli States, eppure il Napoli ha attirato l’attenzione del redattore Brian Phillips che ha invitato i lettori americani amanti del “soccer” ad appassionarsi alla squadra partenopea, «la più “cool” d’Europa», qualora cerchino un riferimento nel vecchio continente.
La squadra azzurra scala il ranking UEFA e il gotha dei club europei più ricchi ma anche la considerazione internazionale. Era quello che voleva De Laurentiis.
Ecco di seguito alcuni stralci dell’articolo che, tra tante verità e qualche forzatura stereotipata, incorona il Napoli come squadra simbolo dei veri valori dello sport.
The Coolest Soccer Team in Europe
Sorprendente 3-1 del Napoli sul Chelsea in Champions League Martedì scorso che ha consacrato la squadra partenopea come il club più alla moda in Europa e ha dato una risposta alla domanda: “Se sei un americano che vuole appassionarsi al calcio europeo, per quale squadra dovresti tifare?”.
Scherzi a parte, se ti piace il “soccer” e sei in cerca di una squadra a cui appassionarti, come non prendere in considerazione il Napoli a questo punto? Non solo gli Azzurri non sono inglesi (…), non solo sono un divertimento, una squadra giovane, ma sono anche una costellazione di elementi che rendono lo sport incredibile. Sono i perdenti rivestiti di una storia gloriosa (…). Sono una squadra di pazzeschi alti e bassi – praticamente l’essenza dell’intera esperienza della passione sportiva nella sua forma più estrema, il tutto racchiuso in un unico club in una città terrificante e affascinante che domina un golfo ai piedi di un vulcano. Davvero si può preferisce il tifo per l’Arsenal?
Se non sei ancora convinto, allora è per te, amico mio scettico, che ho compilato il seguente elenco di aspetti della suggestione del Napoli.
1. Napoli
La maggior parte del potere economico e politico in Italia è concentrata al Nord, intorno a Milano e Torino. Napoli è di fatto la Capitale del Sud. Tutto quello che c’è da capire su questa situazione calcistica è contenuta in ciò che di marcio si dice al Nord: “L’Africa comincia a Sud di Roma”, cioè, non c’è differenza tra i Napoletani e la gente di colore. Il calcio tende a fiorire laddove c’è di denaro, il che significa che geograficamente i top club italiani – Milan, Inter, Juventus – sembra che siano più vicini alla Svizzera. Napoli sta invertendo la geografia incarnando le speranze di chi sta dalla parte dei più poveri.
E la stessa Napoli è una città totalmente contrastante, bella, lussureggiante, pericolosa, con un’economia mafiosa, con mucchi di rifiuti che bruciano per le strade (perché la mafia controlla la gestione dei rifiuti), branchi di cani randagi… e incredibilmente piena di splendida architettura e di una tradizione culturale ininterrotta ancor più antica dell’Impero Romano. (…). Poi c’è questo enorme e assolato golfo con il profilo del Vesuvio che si staglia nel blu. Questo è un luogo appropriato per far dimorare le vostre fantasie di calcio europeo.
Inoltre, se la si visita in occasione di una partita, è possibile andare a vedere le rovine di Pompei, che ora includono la maggior parte della difesa del Chelsea.
2. Maradona
È a Napoli che Diego Maradona si è trasformato da “talentuoso e difficoltoso giocatore argentino che non può sfondare in Europa” a “icona quasi religiosa la cui vista fa si che le persone sane di mente scoppino a piangere” (…).
3. Soldi
Il Napoli è fallito nel 2004, impossibilitato a mettere in campo una squadra. (per informazione, questo è il genere di cose che succedono a Napoli). Il produttore cinematografico Aurelio De Laurentiis ha acquisito il club, ma non è stato in grado di risollevare il glorioso Napoli fino al 2006(!). Da allora, pur con un budget basso – non è mai una saggia strategia nel calcio – è comunque riuscito a salire dalla Serie C di nuovo in Serie A, dove attualmente si trova al sesto posto. È molto divertente che le due squadre inglesi che il Napoli ha battuto quest’anno sono Chelsea e Manchester City, club di proprietà rispettivamente di un plutocrate russo e di uno sceicco, due rappresentanti di spicco del calcio-giocattolo moderno. I miliardari è meglio che non vadano a Napoli a meno che non vogliano comprare degli abiti nuovi.
Il Napoli pratica un gioco veloce e fluido, è una macchina per il contropiede che fa goal per divertimento (solo il Milan ha segnato di più in Serie A) (…), ma si ha l’impressione che la dirigenza legga sonetti e parli con gli zingari piuttosto che consultare schemi e diagrammi. Nel 2007, hanno acquistato Ezequiel Lavezzi per 6 milioni di euro, circa un decimo di quello che il Chelsea ha sganciato per Fernando Torres, in un momento in cui era un attaccante non proprio dei più forti nella Primera Division Argentina con il soprannome di “El Pocho”. (…) A Napoli, paffuti signor nessuno con pistole come tatuaggi crescono su un grande palcoscenico.
(Inoltre, Aurelio De Laurentiis è uno spavaldo che indossa occhiali da sole e che spara dichiarazioni di fuoco; una volta disse al suo allenatore Reja “Io non ti metto le mani addosso perché sei un uomo vecchio”, poi ha chiamato Lionel Messi “un cretino” e ha minacciato di tagliare le palle all’agente di Lavezzi se avesse pensato di lasciare il club. Un paio di anni fa, quando si parlava di trasferimento di alcuni dei giocatori del Napoli in Inghilterra, De Laurentiis avvertì per convincerli a restare che le donne inglesi “non si lavano i genitali perchè per loro il bidet è sconosciuto”).
4. Edinson Cavani
Mi ci è voluto un po’ per apprezzare al meglio il giocatore del Napoli. Le prime volte che l’ho visto giocare ho pensato che fosse poco grintoso (…). Cavani è una sorta di incrocio in laboratorio tra Pippo Inzaghi e Zlatan Ibrahimovic, (…). Quel senso di languore che io pensavo di aver rilevato in un primo momento si è rivelato invece sottile furbizia, un modo di tenersi fuori dal gioco per poi piazzare la mossa vincente, il colpo mortifero. È una gioia per gli occhi, e lui che ha segnato 41 gol in 57 presenze in campionato per il Napoli è probabilmente il giocatore più sottovalutato nel mondo del calcio (…).
5. Teatro scintillante di virilità del calcio italiano
Si potrebbe scegliere una squadra inglese. Ce ne sono molte forti. Ma vi perdereste l’estetica irresistibilmente divertente della Serie A fatta di uomini duri, competitivi, e spesso violenti che fanno la ruota come il pavone, che si legano attentamente i capelli in lussureggianti code di cavallo prima di scivolare nelle loro magliette rosa per scendere in campo, per poi celebrare le grandi vittorie piangendo e denudandosi fino a rimanere in mutande. (…). Scegliere il Napoli significa che, invece di guardare i coraggiosi centrocampisti inglesi dimenarsi nel freddo, si guarderà dei grandi talenti che recitano nelle pubblicità(…).
Per questi e molti altri motivi suggerisco il Napoli come scelta di un club europeo da seguire. Ma bisogna innamorarsene ora, prima che il Chelsea ne acquisti l’intera squadra e tutto si inverta di nuovo.

