Real Orto Botanico di Portici devastato dalla tromba d’aria

Il nubifragio che ha causato numerosi danni e disagi in tutta la provincia di Napoli nei giorni scorsi si è abbattuto con violenza su Portici. L’Orto Botanico è stato letteralmente devastato da una tromba d’aria, che ha distrutto decine di piante e provocato l’abbattimento di un centinaio di alberi preziosi. Numerosissime essenze arboree, gioiello e memoria storica plurisecolare, si sono irrimediabilmente schiantate al suolo. I danni sono inestimabili e molte delle specie botaniche provenienti da tutto il mondo sono perdute.
L’Orto Botanico di Portici, sorto nel 1872 all’atto della fondazione della Reale Scuola Superiore di Agricoltura, è un autentico scrigno naturalistico ora compromesso, nel quale convivono pregevoli testimonianze storico-architettoniche ed importanti collezioni di piante di ogni zona del mondo.
Occorrono risorse ed interventi rapidi da parte del Governo e della Regione Campania per riattare il sito, ma intanto l’associazione degli studenti AUSF (Associazione Universitaria Studenti Forestali) chiama tutti a raccolta con una raccolta fondi, chiedendo massima solidarietà in questo momento difficile.

progetto “Nuova linfa all’Orto botanico”
IBAN IT71F0101040090100000300047
Intestato a: Musei delle Scienze Agrarie – MUSA
Causale: ORTO BOTANICO DI PORTICI

da TG8 (Canale 8)

La sanità al tempo dei Borbone

Angelo Forgione – Fino al 13 luglio, al Museo delle Arti sanitarie di Napoli, sito nel complesso di Santa Maria del Popolo degli Incurabili, è visitabile la mostra “La sanità al tempo dei Borbone”, organizzata dall’associazione culturale “Il Faro di Ippocrate” e dedicata alla storia della Scuola Medica Napoletana, allla rete assistenzialistica partenopea e alla formazione della professione del medico negli anni del Regno borbonico.
L’evento rende omaggio alla tradizione medica che diede lustro al Sud tra il 1734 e il 1860, ricostruendo l’intera pagina sanitaria nel Mezzogiorno, all’avanguardia nell’Europa dell’epoca. La prima assistenza sanitaria gratuita italiana (promossa da Ferdinando IV), la percentuale di medici per numero di abitanti più alta di tutto il resto d’Italia (9.500 tra medici e chirurghi per 9 milioni di abitanti, rispetto ai circa 7.000 professionisti della sanità per i 13 milioni di cittadini della restante Italia) e la più bassa mortalità infantile del territorio italiano la dicono lunga sul sistema sanitario borbonico. Due esempi storici di eccellenza: nel 1777 il Regno delle Due Sicilie sostenne una campagna vaccini contro il vaiolo per due milioni di persone; nel 1813 Aversa fu sede del primo ospedale psichiatrico italiano. Nonostante questa grande tradizione meridionale, peraltro risalente alla Scuola Medica Salernitana del XII secolo, con l’avvento dei Savoia e l’unificazione italiana i medici dell’ex Regno delle Due Sicilie furono obbligati a ripetere l’esame di idoneità alla professione medica. Gli atti che testimoniano questa pagina nera dell’Unità sono riuniti nella “bacheca della vergogna”.
Il campionario di curiosità è enorme: strumenti medici del tempo (apparati per lavande gastriche e clisteri, cassette chirurgiche militari, armadietti con boccette di farmaci del tempo, ecc.), busti dei medici illustri (Cirillo e Cotugno su tutti) e diverse curiosità, come il kit di pronto soccorso da passeggio per fronteggiare le emergenze in strada, il bastone corredato di siringhe, medicazioni e bisturi. In mostra anche alcuni modelli anatomici usati dagli studenti di medicina dell’epoca, e poi documenti, testimonianze e trattati di ogni genere. Sei le tappe tematiche: dai luoghi della sanità napoletana alla formazione professionale nelle province del Regno, dai singolarissimi cimiteri antichi ai tanti reclusori, per concludere con le prime “Case dei pazzi”, L’Ostretricia e la Medicina sociale. Una sezione a parte è dedicata al capitolo della peste.
Non va dimenticato che la buona tradizione sanitaria napoletana è proseguita anche dopo l’Unità d’Italia. Emblematici i casi di Vincenzo Tiberio e Arnaldo Cantani, veri padri dell’antibiosi nella Napoli post-unitaria ben prima di Fleming, i primi a condurre validissimi studi che condussero alla scoperta della penicillina (maggiori informazioni su Made in Naples – Magenes 2013).

info: 081 440647
lunedì – venerdì / 9.30 – 13.30 / ingresso gratuito
info@ilfarodippocrate.it
http://www.museoartisanitarie.it

la BBC racconta la Napoli Capitale

Italy Unpacked è un programma di successo della BBC che incolla il pubblico britannico al teleschermo mostrando le bellezze d’Italia. Il critico d’arte inglese Andrew Graham-Dixon e lo chef italiano Giorgio Locatelli (un lombardo che lavora a Londra), esplorano le varie regioni d’Italia, condividendo con gli spettatori la loro conoscenza della cultura e della cucina del “Belpaese”. Il loro viaggio parte da Napoli, “un posto diverso da qualsiasi altro nel mondo”, dove i due protagonisti, dovendo condensare l’immenso mondo partenopeo in pochi minuti, hanno preferito immergersi nella cultura artistica e gastronomica della Napoli settecentesca, capitale del regno indipendente. Si parte con un giro su due ruote per giungere nell’abitazione dei discendenti di una famiglia aristocratica molto vicino alla corte borbonica, dove Locatelli prepara un delizioso “sartù”. Parlando di Grand Tour settecentesco, si passa poi all’arte presepiale, per culminare nel cuore dell’illuminismo e dell’esoterismo della Napoli dei Lumi, la Cappella Sansevero.
Il racconto è ricco di fascino e valeva la pena sottotitolarlo per gli affezionati frequentatori di questo blog e per i lettori di Made in Naples.

La festa di Carditello, simbolo del riscatto campano

foto Repubblica.it

Angelo Forgione – Centinaia di persone hanno affollato la Real Tenuta di Carditello per l’incontro di festeggiamento dell’acquisto del monumento da parte della Sga, che poi la girerà al MiBAC.
Il ministro Bray si è recato prima presso l’azienda agricola di Tommaso Cestrone, a pochi metri dal sito monumentale, per abbracciare la vedova e i figli. Poi è entrato nei recinti di Carditello e ha annunciato che sarà costituita una fondazione di gestione con gli enti locali e i ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura e saranno messi presto a disposizione tre milioni di euro per un primissimo restauro. Carditello sarà luogo di bellezza, sarà museo e sarà anche azienda agricola ed osservatorio per la biodiversità, luogo di conservazione di una memoria che tutti devono conoscere.
Alessandro Manna, a nome del forum di tutte le associazioni di Agenda 21, ha ringraziato il ministro Bray, che, travolto e visibilmente impressionato da tanto calore e amore per il territorio, ha ringraziato Tommaso e tutti quelli che si sono battutti per sensibilizzare su un problema che l’Italia non conosceva, lanciando un messaggio di affetto a tutta la Campania: «Il mio sogno è che la vostra terra, la Campania, dia un segnale a tutto il Paese, nonostante la camorra. Tutti insieme dobbiamo dimostrare che vogliamo bene a Carditello, alla Reggia di Caserta, a Pompei. Qui possono venire tantissimi turisti ed è questa la ricchezza del futuro. Così i nostri figli potranno ritrovare le opportunità di lavoro che non ci sono. Insieme ce la possiamo fare».
Carditello è una bella sfida, per la Campania e per l’Italia intera. Dovrà diventerare un simbolo, restituendolo al circuito delle regge borboniche e degli altri siti del Casertano, per poi farne patrimonio dell’Umanità per tutto ciò che significa. Ieri, la Real Tenuta era assolata e bellissima. L’anima non sono riusciti a portargliela via.

nel reportage di Livio TV di F. Spinelli un ricordo finale di Tommaso Cestrone

tratto da Voce per tutti

«Venaria reggia più bella d’Italia. Sfido Caserta!»

l’assessore alla Cultura del Piemonte fa marketing umiliando la cultura

Angelo Forgione – A pochi giorni di distanza dagli arresti relativi alle presunte tangenti legate ai restauri di alcune dimore storiche piemontesi, tra cui il complesso storico della Venaria Reale, Michele Coppola, assessore alla Cultura della Regione Piemonte, ospite al programma Youtube di Klaus Davi, ha azzardato un confronto tra la Reggia sabauda e quella di Caserta, lasciandosi andare a un parere condivisibile nel presupposto della gestione monumentale ma completamente sbagliato nella comunicazione culturale: «In Piemonte abbiamo la Reggia più bella d’Italia, quella di Caserta è solo una Venaria minore. Sono pronto a fare una scommessa: prendiamo dei giudici e li portiamo sia a Caserta che alla Venaria».
Va subito detto che l’assessore Coppola ha avviato il suo colloquio con Klaus Davi precisando di non essere un assessore alla cultura che arriva da una cattedra universitaria, non uno storico dell’arte, ma uno cui è stato chiesto di occuparsi di un sistema di funzionamento. E infatti Coppola è in realtà un professionista del settore comunicazione e marketing, e da tale ha definito Venaria Reale “la reggia più bella d’Italia” invece che “la meglio gestita”, generando così un’artificiosa confusione per sminuire valori artistici e significati culturali di Caserta e fare leva sull’esempio di restituzione di un bene alla comunità che Venaria effettivamente rappresenta.
La verità è che Caserta è l’unica reggia europea d’Italia, perché racconta una trasformazione per tutto il continente, narra il valore universale di Pompei attraverso la genialità di Vanvitelli che, dopo aver osservato gli scavi borbonici vesuviani, rinnegò le ridondanze del Barocco e inaugurò il Neoclassicismo. La reggia di Caserta incarna la trasformazione del gusto europeo verso quel nuovo stile vanvitelliano nato all’ombra del Vesuvio e diffusosi fin nelle Americhe. La Venaria Reale, invece, non ha significati specifici e basta visitarla per accorgersi che, proprio perché rimessa a nuovo sei anni fa da un rudere dopo aver goduto di una pioggia di finanziamenti in vista delle celebrazioni dei centocinquant’anni dell’Unità, è riempita di modernità decontestualizzate, e non presenta lo scalone, gli appartamenti, i giardini, le fontane e gli spazi di Caserta. Senza contare la “sedia volante”, il bagno di Maria Carolina e tutti i significati di civiltà che il palazzo vanvitelliano conserva. Coppola queste cose probabilmente le intuisce e le teme, perché è stato lui stesso a dire a Klaus Davi che il suo non è un giudizio sulla qualità architettonica ma si basa sul fatto che la reggia sabauda produce al contrario di quella borbonica. Tant’è che invita al confronto con dei giudici, ma non parla di storici dell’arte, i quali non avrebbero neanche il bisogno di recarsi di persona a verificare le differenti condizioni delle due regge perché le conoscono bene e si indignano già per quelle di Caserta, di cui conoscono il valore universale e artistico ben maggiore. Basta leggere le dichiarazioni di Philippe Daverio a Il Mattino di qualche mese fa per capire cosa significhi Caserta per il mondo e cosa si nasconde dietro al marketing politico dell’assessore Coppola:
“Sono legato al Meridione. Come alsaziano, mi sento molto meridionale e ho nei confronti di Napoli un’immensa gratitudine. Il Meridione ha bisogno di autocoscienza e autofierezza di appartenere al mondo. Da questo punto di vista, Caserta con la sua reggia è un simbolo potentissimo, ed anche per questo c’è una sorta di accanimento contro di essa.”
Ecco, Daverio potrebbe essere un giudice competente. Oppure bisogna affidarsi ai politici che ammazzano la cultura? In realtà basterebbe attenersi ai verdetti della storia d’Europa, e pure a quella d’Italia, scritta si sa da chi.

nel videoclip, il dibattito a “la Radiazza” su Radio Marte

La strada delle acque che partiva da Marcianise

ponti_maddaloniAngelo Forgione per napoli.com L’acquedotto Carolino è parte del patrimonio Unesco della provincia di Caserta, un’opera di somma ingegneria idraulica, completata nel 1770, con cui l’architetto Luigi Vanvitelli dimostrò grandissime competenze nel ramo. Oltre a porsi come nuova meta del Grand Tour, la sua realizzazione servì ad approvvigionare d’acqua il parco della reggia di Caserta, i torcitoi delle seterie di San Leucio e la Tenuta di Carditello. Poi, con una modifica voluta da Ferdinando IV di Borbone, anche la città di Napoli fu servita dalle acque sorgive del Monte Fizzo che andarono ad implementare il già esistente acquedotto del Carmignano, in un’epoca in cui nel resto d’Italia la fornitura idrica era scarsa o nulla. La capitale potè godere di una rete idrica sufficiente al fabbisogno urbano, contando anche sull’antico acquedotto della Bolla. Con il vanvitelliano nacque anche la strada “dei Ponti della Valle”, ancora esistente (Strada Statale 265), anche se modificata nel percorso. Il tracciato storico partiva ben oltre il territorio di Maddaloni, in prossimità del centro abitato di Marcianise (località Torrino), attraversando il centro abitato di San Marco Evangelista. E proprio a Marcianise, al centro di una rotatoria di confluenza delle vie Evangelista, Gemma, Misericordia, Gandhi e della Pace, è presente una stele gigliata d’epoca borbonica, recuperata e restituita alla cittadinanza nel 2000, con cui era marcato l’originale principio dell’arteria stradale.
Anche Marcianise fu allacciata all’acquedotto carolino nel 1791 da Ferdinando e Carolina che ordinarono, a qualunque costo, di rimediare alla penuria di acqua salubre dei sofferenti cittadini marcianisani. La fornitura derivante da Caserta fu allacciata al villaggio di Recale e, da qui, attraverso cunicoli, a Marcianise. In ringraziamento, fu eretta nel 1794 la monumentale fontana coi delfini di piazza Umberto I, allora piazza del Mercato, di cui fu autore Gaetano Barba, allievo proprio del Vanvitelli.

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L’ammuina elettorale

Cosa non si fa in campagna elettorale!? Cosa si è inventato il Partito Democratico, per screditare i propri avversari politici? Ha rispolverato uno dei più abusati luoghi comuni antistorici e antinapoletani: il presunto articolo 27 della Real Marina delle Due Sicilie “Facite ammuina”.
Tocca ripetersi nuovamente e ricordare che l’articolo non è mai esistito e che fu creato ad arte (leggi la vera storia) per infangare la memoria storica napoletana e meridionale. Lo stesso accade oggi, per diversi fini. Stavolta, per sconfiggere Berlusconi l’illusionista… borbonico. Votate gente, votate!

d.gentile@partitodemocratico.it

Il rispetto di Parigi per la storia di Napoli

terminata con gran successo di pubblico la mostra sui Borbone delle Due Sicilie

parisNella capitale francese, che ha condiviso nel periodo dell’illuminismo il ruolo di capitale culturale d’Europa con Londra e Napoli, è andata in scena nella seconda metà di Novembre una splendida mostra dedicata alla casa reale dei Borbone delle Due Sicilie. Nella sede dell’8e Arrondissement, dal 16 al 30 Novembre i parigini hanno potuto ammirare l’esposizione “Maison royale de Bourbon des Deux-Siciles” ricca di cultura napoletana fatta di memorie storiche, preziosi, gioielli, sculture, oggetti domestici, porcellane, manoscritti, abiti, ritratti e dipinti prodotti al tempo della Napoli che pensò in grande.
Parigi ha così reso omaggio a un Sud-Italia che “ha segnato la storia d’Europa nei secoli XVIII e XIX”. L’allestimento è stato possibile grazie all’interessamento dell’ambasciatore Antonio Benedetto Spada e alla disponibilità di Carlo e Camilla di Borbone delle Due Sicilie che hanno prestato la maggior parte degli oggetti conservati della Real Casa.
Mostre di questo tipo andrebbero allestite anche a Napoli che ha un forte bisogno di riscoprire la sua storia, rispettata all’estero molto più che nei confini nazionali. Speriamo che accada in futuro.
clicca qui per guardare il video francese

Le fogne borboniche e la melma… di Venezia

Angelo Forgione – Riflessivo sul bidet e colto da un impeto d’orgoglio piemontese, Massimo Gramellini nega che nella Napoli borbonica esistesse una rete fognaria e dice che dappertutto fosse melma. Lo scrittore si è infilato in un vicolo cieco dal quale è uscito scrivendo su Facebook di voler approfondire la lettura della storia dei Borbone ma non rettificando le sue inesattezze sul giornale dove le aveva scritte.
Nella foto tratta da una relazione del Centro Speleologico Meridionale si può notare una fogna borbonica in disuso. Certo, la rete fognaria era statica, proprio perché antica; divenne sempre più inadeguata con l’espansione demografica e urbana, non vi è alcun dubbio, e si arrivò al punto di dover mettere mano al sottosuolo di Napoli all’epoca del “Risanamento”, 34 anni dopo l’unità d’Italia. Del resto, come dimostrano i tecnici del Comune di Napoli in una relazione sugli “interventi di razionalizzazione del sistema fognario cittadino” di qualche anno fa, “il mutato assetto degli insediamenti sul territorio richiedeva interventi urgenti sulla rete fognaria cittadina, in parte risalente ad epoca borbonica“.
D’altronde, quando il 12 ottobre 2012 Napoli si allagò per il primo temporale autunnale, tutti i quotidiani si affrettarono a scrivere che “Napoli è dotata di un impianto fognario che risale all’epoca dei Borbone…”.
Gramellini sostiene che vi fosse la melma a Napoli? Wolfgang Goethe raccontò nel Viaggio in Italia del 1787 la pulizia delle strade della città dovuta anche ad un formidabile riciclaggio degli alimenti in eccesso che si attuava tra la città e le campagne tutt’intorno, un’operosità che faceva persino in modo che, nonostante girassero numerose carrozze per le strade della città, lo sterco dei cavalli fosse praticamente inesistente. Lo descrisse così: E con quanta cura raccattano lo sterco di cavalli e di muli! A malincuore abbandonano le strade quando si fa buio, e i ricchi che a mezzanotte escono dall’Opera certo non pensano che già prima dello spuntar dell’alba qualcuno si metterà a inseguire diligentemente le tracce dei loro cavalli”. A Napoli, in pratica, si faceva una specie di “compost” ante litteram.
Una pulizia che lo scrittore tedesco (tedesco!) reputò superiore agli altri posti visitati: Trento, Verona, Vicenza, Padova, Venezia, Ferrara, Bologna, Firenze, Perugia, Roma, e poi le città siciliane. E vide pure la melma, si, proprio quella buttata da Gramellini su Napoli, ma non a Napoli bensì a Venezia, che trovò sporchissima. Per la precisione la definì melma corrosiva lungo le strade. Inutile far notare che il viaggio in Italia del grande letterato tedesco non passò per Torino. Piuttosto bisognerebbe domandarsi perchè la città pulita del Sette-Ottocento sia divenuta sporca nel Novecento.

Forgione e Villaggio, duro e civile confronto culturale a “La Radiazza”

Villaggio: «Non ho mai detto certe frasi sul Sud».
Forgione: «Gliele ricordo io due o tre cosette»

Dopo l’intervista rilasciata a calcionapoli24.it alla vigilia di Sampdoria-Napoli e terminata con un forte scontro di opinioni nato dalle sue dichiarazioni rilasciate a SKYtg24 al tempo dell’alluvione di Genova, la posizione di Paolo Villaggio rispetto alla responsabilità esclusiva del Sud rispetto al disastro italiano meritava di essere chiarita.
Nel corso del programma “La Radiazza” di Gianni Simioli su Radio Marte, abbiamo contattato l’attore genovese che, remissivo e cauto, ha negato l’evidenza (documentata) di aver espresso certi giudizi circa la migliore cultura meridionale. Ne è comunque venuto fuori un confronto dialettico molto interessante, interrotto per esigenze di programmazione non prima di aver fornito a Villaggio degli spunti di riflessione. Speriamo ne faccia tesoro, e non solo lui.