Angelo Forgione – Non sarai Maradona, il più forte fuoriclasse della storia azzurra. Non sarai neanche Cavani, il più prolifico. Ognuno ti collochi pure al posto che crede nel proprio cuore di tifoso, ma da quello della militanza non ti smuova nessuno. Quello è tuo!
Vai via in silenzio, forse troppo per essere uno dei Carpazi che si porta via Napoli letteralmente tatuata sulla pelle, un soprannome che parla di Napoli e tre figli napoletani. Ma tu sei così, hai gestito sempre tutto in rigoroso silenzio. Le sostituzioni, i record, i rinnovi, gli screzi con gli avversari, e poi il matrimonio, la famiglia, tutto… senza mai metterti in prima pagina e senza mai montare una polemica che sia una. Basso profilo, insomma, che è un paradosso per uno con un profilo come il tuo. Sì, ti sei fatto notare solo per quella cresta alla Mohawk che ti ha alzato in testa il tuo barbiere, e tanto che ti è piaciuta che non l’hai più abbassata. Il calciatore con la testa più a posto che si conosca con la testa più punk che si sia mai vista.
Ora ti tocca un altro mondo e l’ultimo contratto importante della tua carriera, una carriera contraddistinta dall’azzurro. Quello dello Slovan Bratislava, del Brescia, del Napoli e ora del Dalian. Ce l’avevi nel destino, anzi, ce l’hai proprio nel nome, in fondo. Noi, invece, ti abbiamo nel cuore, che pure è azzurro.
Arrivederci, capitano silenzioso.
Archivi tag: angelo
Rassegna stampa
Il Re di Napoli continua a far parlare di sè.
Su Il Mattino, a San Valentino, è amore tra Napoli e pomodoro.
clicca qui per leggere il comunicato su Il Mattino online
Il Re di Napoli al ‘Mattin8’
La curiosità è un motore che mi tiene acceso, e che accende anche gli altri quando sentono l’identità parlare servendosi di me. Quando parlo di ciò che scopro e imparo vorrei che tutti ne sapessero. Non deve restare a me.
Le riflessioni dell’ottimo Salvatore Calise, conduttore del Mattin8 (Canale 8), in una piacevole discussione che non è semplice copertura di un palinsesto televisivo, sono di quelle che mi fanno capire che sono un folle, sì, ma anche che la follia può essere contagiosa.
Il pomodoro dalle Americhe a Napoli
Il pomodoro, frutto venuto dalle Americhe che trova cittadinanza e dignità a Napoli. E da qui invade le cucine del mondo. Come?
Una bellissima storia raccontata da il Re di Napoli.
I primi sette minuti de ‘Il Re di Napoli’
Tratto da La Radiazza di Gianni Simioli (Radio Marte), la prima discussione sui contenuti del neonato il Re di Napoli.
Il Re di Napoli
Il Re di Napoli non è un libro di ricette ma un documentato saggio storico con due protagonisti: il pomodoro, prodotto simbolo della cucina italiana nel mondo, e i napoletani, che hanno insegnato a tutti come cucinarlo e mangiarlo.
Un viaggio dalle radici sudamericane della pianta al suo arrivo in Europa, passando per il Messico e poi la Spagna, fino ad approdare al vero artefice della distribuzione del purpureo frutto nel mondo: il Regno di Napoli.
La narrazione osserva le origini americane della bacca tonda e il contatto con l’Europa attraverso i Conquistadores che nel Cinquecento lo conducono a Siviglia, e dall’Andalusia alla “spagnola” Napoli.
Nel periodo setto-ottocentesco, la capitale borbonica opera una rivoluzione agricola fondamentale per le usanze alimentari, di cui il pomodoro è protagonista insieme alla pasta di grano duro.
Da particolari rapporti diplomatici del Regno di Napoli, in nome di san Gennaro, ha origine il pomodoro vesuviano a bacca lunga, ovvero l’antesignano del San Marzano, che invade tutto. È un vero e proprio prodigio del Santo che coinvolge la pasta stessa, la Parmigiana di melanzane, il Ragù, le Lasagne e pure l’Amatriciana, piatti che poi, come la pizza, supereranno le diffidenze nordiche e diventeranno “italiani”. Di tutte queste pietanze se ne narra approfonditamente la vera genesi, fino alle definitive versioni, apprezzate anche oltre i confini nazionali.
Il racconto prosegue col pomodoro nel Regno d’Italia e l’irruzione del San Marzano, con la nascita dell’industria conserviera e del fenomeno piemontese Francesco Cirio al Sud, fino al sorgere del comparto di Parma, col suo pomodoro tondo Riccio. E ancora, il pomodoro nel periodo bellico, per finire con la narrazione dal dopoguerra al difficile presente, contraddistinto da una preoccupante crisi del lungo ‘Pomodoro pelato di Napoli’, simbolo di specificità territoriale che cresce solo al Sud. Ma perché solo qui?
Indice
Intoduzione – Il regno del gusto e del buon vivere
I – Il pomodoro dalle Americhe all’Europa
Dall’Impero di Spagna ai territori d’Italia
L’introduzione napoletana nella dieta
II – Il pomodoro nel Regno di Napoli
I maccheroni alla napoletana
Il Ragù napoletano
La Parmigiana di melanzane
La Salsa all’amatriciana
III – Il pomodoro nel Regno d’Italia
Le Lasagne al pomodoro
La Pizza al pomodoro
L’industria conserviera e il fenomeno Cirio
Il pomodoro nell’industrializzazione italiana
IV – Il pomodoro dal dopoguerra a oggi
Il grande affare mondiale
Le filiere italiane del Duemila
Mario come Gino
Angelo Forgione – “Il rispetto si ottiene lavorando, non con la violenza. Quello non è rispetto”. Così Mario Granieri, pizzaiuolo di Forcella, che il 4 gennaio ha trovato la porta del suo locale crivellato da proiettili di pistola. Il giorno seguente qualcuno è andato a rivendicare l’azione casco in testa, intimando di non denunciare. Ma Mario, che il sogno di aprire una pizzeria tutta sua l’ha cullato per tanto tempo, è andato dritto alla Polizia.
Chissà quante di queste storie scorrono in silenzio nel cuore di Napoli in crescita turistica, attraversato da un nuovo fiume di soldi che si ingrossa sull’onda delle pizzerie, dei ristoranti, delle pasticcerie, dei bar, delle botteghe e dei tanti B&B spuntati come funghi. E forse la bomba dedicata a Gino Sorbillo, colpendo il simbolo del buon cibo di Napoli, la pizza, e il massimo protagonista in zona, voleva fare proprio rumore come non sono riusciti a fare certi spari a Mario e pure a Biagio, proprietario di un minimarket. Forse qualcuno voleva far esplodere un messaggio con l’ordigno. Forse è il caso di pensare che c’è chi reclama una fetta.
Oggi toccherà all’ennesima passerella di un ministro degli Interni. Prometterà ancora di sradicare il male, ma l’unico sradicamento è quello dei napoletani perbene, la stragrande maggioranza, che finiscono per andar via anche per la malefica minoranza che nessuno lassù ha realmente intenzione di azzerare.
La moglie di Mario, magari per le figlie, vorrebbe abbandonare. Ma lui no, vuole restare, anzi, non ci pensa proprio a rinunciare a quella pizzeria tanto sognata alla quale ha dato un nome significativo: “Terra mia”. Non di chi spara e piazza bombe. Che poi lo fa a volto coperto, su una moto potente o dandosela a gambe. Capirai che coraggio.
Chiacchierata napoletana al ‘Mattin8’
«Quando parla Forgione di Napoli è una bella boccata d’ossigeno».
Lusinghiero complimento di Salvatore Calise durante una piacevolissima chiacchierata su Napoli, la sua cultura e la sua identità al Mattin8 (Canale 8).
Ancelotti, l’Inter, la Juve e l’Unesco
Angelo Forgione – Tra chi confonde le idee e chi si ammanta di una moralità che proprio non ha, Ancelotti è tornato nel calcio italiano come una mosca bianca nella battaglia culturale contro razzismo e discriminazione territoriale. Ha squarciato i silenzi, e anche le parole degli impostori… come quelle di Andrea Agnelli e della sua Juventus, che presenta ricorso contro la chiusura di un settore del suo stadio, a differenza della ben più dignitosa Inter, cui va un plauso per non essersi ribellata al giudice sportivo. E ancora complimenti all’Unesco per la scelta del partner nella difficile lotta culturale del Football.
Con la demagogia non si combatte la camorra
Angelo Forgione – Chi tocca Gino Sorbillo tocca tutti i pizzaiuoli napoletani, un patrimonio immateriale dell’Umanità.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca tutti i napoletani che parlano al mondo con la loro professionalità.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca, in un attimo e senza fatica, l’immagine di Napoli, che oggi sarà di nuovo sporcata nelle tivù mentre noi impieghiamo mesi e sudore per lustrarla.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca il cuore di Neapolis, “i Tribunali”, la più resistente identità urbana d’Occidente.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca un lavoratore instancabile, come lo sono gli autentici napoletani, che sanno farsi da soli nelle difficoltà.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca tutti gli esercenti che non hanno nome e visibilità ma che ogni giorno, a Napoli, vengono taglieggiati dal cancro sociale.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca un uomo perbene e una persona umile e generosa.
Chi tocca Gino Sorbillo tocca un mio amico, ma amico di tanti. E un amico non resta mai solo, neanche sotto le bombe dei più vigliacchi tra i delinquenti.
E mentre esplodono bombe in pieno centro antico di Napoli e ad Afragola, ancora attendiamo quel centinaio di poliziotti annunciati a ottobre dal ministro Salvini, quando ha promesso di “sradicare, deportare, cancellare e isolare la camorra” andando “quartiere per quartiere, via per via, pianerottolo per pianerottolo”. Ma non è che li attendiamo con impazienza, intendiamoci. Di certo non cambierebbero la storia. E a cosa servirebbero? Salvini sa anche lui che il Sindacato Italiano Lavoratori di Polizia ha denunciato che a Napoli operano solo 4.500 poliziotti, un organico sottodimensionato di almeno 600 unità. E sa pure che a Napoli ci sono solo sette volanti garantite dalla Questura a disposizione nelle fasce notturne, alle quali si aggiunge qualcosina dei commissariati. E noi dovremmo credere che la lotta contro i circa cinquanta clan camorristici della città la possano vincere 100 uomini in più (magari senza auto e senza benzina)? E quello che a La Radiazza (Radio Marte) ho chiesto a Pina Castiello, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. E la risposta la potete valutare da voi.
Il “bla-bla-bla” della politica non dà risposte neanche alle domande secche. E a Napoli, nel 2019, ancora esplodono bombe.
La verità è che la criminalità si contrasta tagliando le radici delle attività illecite. Lo Stato non lo fa perché ha interesse a “usare” le mafie come ammortizzatore sociale per il Sud. Non hanno voluto agire incisivamente ben sei ministri dell’Interno di origini napoletane e campane, tra il 1988 e il 1999, e non sarà un ministro leghista a voler combattere una battaglia epocale.


