ALCOA e desertificazione industriale del Sud

L’ex-dirigente RAI Enrico Giardino, esperto di telecomunicazioni, fondatore e responsabile del Forum per il “Diritto A Comunicare” (DAC), ricercatore di soluzioni ed alternative rispetto agli schemi dominanti, impegnato da decenni nella democratizzazione dei sistemi informativi e comunicativi di massa, nella demistificazione delle menzogne mediatiche e delle ipocrisie della politica nazionale ed internazionale, riporta in un suo articolo sulla vicenda ALCOA il videoclip “Nord palla al piede” quale descrizione illuminante del sistema economico italiano tendente a desertificare e immiserire il Sud produttivo per renderlo sempre più colonia e mercato di acquisto dei prodotti del Nord.
“I nostri governanti lasciano fare e assecondano l’arbitrio padronale. Desertificando e immiserendo il Sud produttivo, ci vengono a dire, mentendo, che il Sud è la “la palla al piede dell’Italia”. E’ una spudorata menzogna, come dimostra con i numeri e con un video illuminante il blog di Angelo Forgione: V.A.N.T.O.. Se lo Stato concede al Sud 45 ML di euro/anno, il flusso di ritorno da Sud a Nord è di 63 ML di euro/anno, equivalente dell’acquisto da parte dei consumatori del Sud di beni prodotti a Nord.
È quindi il Sud che mantiene il Nord: questo fallirebbe senza il suo apporto. La “palla al piede dell’Italia” è allora il Nord, non il Sud come si sostiene, ipocritamente, da decenni. È la scelta ideologica capitalista, sempre più perdente e distruttiva, che assegna la produzione al Nord e il consumo al Sud, aggravando così il problema meridionale che subiamo da oltre 150 anni, senza rimedio. Perciò la vicenda ALCOA è lo specchio in cui il Sud dovrebbe guardarsi per accorgersi di aver toccato il fondo”. (continua a leggere)

Il popolo di straccioni sulle tracce di uno pseudonimo?

Il popolo di straccioni sulle tracce di uno pseudonimo?

e se Fabrizia Argentieri fosse Fabrizio Dell’Orefice?

Angelo Forgione – Ennesima bufera scatenata dall’ormai famoso articolo de “Il Tempo” che ha commentato la vittoria del Napoli sul Chelsea sbattendo in faccia ai lettori la frase “un popolo di straccioni”. Credo che lo scritto non avesse intenti offensivi ma fosse semplicemente poco chiaro nelle premesse e schiacciato da un giornalismo ad effetto che ha avuto il solo risultato di offendere un’intera comunità senza volerlo. Ed è scattata la levata di scudi generale con una protesta partita da più fronti che ha colpito la redazione del giornale romano, a testimonianza di un ritrovato spirito di reazione del popolo napoletano (da trasformare in forza positiva e fattiva per il territorio). La firma è quella di Fabrizia Argentieri ma della giornalista, o presunta tale, non c’è traccia, nessuno riesce a trovare o segnalare le coordinate per rintracciarla. Tutti ne parlano, tutti vorrebbero dirle qualcosa, ma sembra essere irreperibile, svanita nel nulla. Neanche a cercarla sul sito del quotidiano si riesce a cavare il ragno dal buco; riempi il campo di ricerca col suo nome e cognome e appare solo l’articolo di rettifica a firma di Giuseppe Sanzotta. Sostanzialmente sembra che la Argentieri non abbia mai scritto per il quotidiano del Direttore Sechi prima d’ora.
Sembra plausibile allora che non esista e che il nome sia uno pseudonimo. E allora chi si nasconderebbe dietro Fabrizia Argentieri? E perchè avrebbe scritto celandosi sotto mentite spoglie? Una luce si è accesa con le dichiarazioni ai microfoni di “Radio Goal” su Radio “Kiss Kiss Napoli” del giornalista de “Il Tempo” Fabrizio Dell’Orefice il quale è intervenuto in difesa convinta della fantomatica collega. «Io le avrei fatto i complimenti perché con il termine ‘straccioni’ ho pensato si sia riferita all’evento storico della vittoria delle truppe francesi, definite ‘straccioni’,  che riuscirono a sconfiggere l’esercito tedesco, paragonandoli così alla squadra napoletana che, con mezzi inferiori, è riuscita a battere una società stramilionaria che può comprare qualunque giocatore. Mi è sembrata un’autentica celebrazione del Napoli e di Napoli. Gli articoli vanno letti nella loro totalità e non estrapolando una sola frase. Mi dispiace che si consideri il Tempo un giornale anti-napoletano, anzi, vedo tanti romani che sono entusiasmati dal Napoli, è una squadra che fa molta simpatia, cominciano a seguirlo con interesse».
Fabrizio dell’Orefice si occupa di politica e facendo una
ricerca sul sito de “Il Tempo” si ottiene una lunga lista dei suoi articoli. Insomma, Dell’Orefice esiste, scrive e parla alle radio napoletane difendendo il fantasma Argentieri. E allora il dubbio sorge: il giornalista che si occupa di politica ha forse voluto scrivere un articolo di sport sotto altro nome? Magari cambiando sesso? Da Fabrizio a Fabrizia? Da Dell’Orefice a Argentieri? Sempre di oreficeria si tratta, no?

Brehme scippato a Milano, “Libero” indizia Napoli

Brehme scippato a Milano, “Libero” indizia Napoli
su Radio Marte, Simioli-Forgione con l’autore dell’articolo

Angelo Forgione – In concomitanza con la partita Napoli-Bayern Monaco, l’ex calciatore tedesco dell’Inter Andreas Brehme è stato scippato del suo orologio a Milano da due giovani in scooter mentre si trovava a bordo della sua autovettura in Corso Venezia. Gli scippatori hanno urtato lo specchietto in modo da piegarlo e appena Brehme si è sporto dal finestrino per rimetterlo in posizione, gli hanno strappato dal polso l’orologio, un Rolex del valore di ventimila euro.

Il giornalista di “Libero” Salvatore Garzillo, Napoletano, ha scritto un articolo in cui si legge quanto segue:
“Chissà per quale squadra tifano gli scippatori che martedì pomeriggio hanno sottratto l’orologio ad Andreas Brehme, storico terzino dell’Inter e campione del mondo con la nazionale tedesca. Considerando la tecnica usata, la solita dello specchietto, è probabile che tenessero per il Napoli visto che è ormai dimostrato che le “migliori” batterie di scippatori arrivano dal capoluogo campano. E chissà se hanno riconosciuto l’ex calciatore, vincitore dello scudetto 1989 con la maglia nerazzurra e autore del rigore decisivo che consentì alla Germania di battere l’Argentina di Maradona e alzare la Coppa di Italia ’90 al cielo. Fosse così, il furto potrebbe quasi sembrare un risarcimento in anticipo per la sfida di Champions di martedì sera, Napoli-Bayern, finita con un pareggio”.

Ne sono seguite forti polemiche che hanno coinvolto l’autore del pezzo, raggiunto telefonicamente dalla trasmissione radiofonica “La Radiazza” di Gianni Simioli su Radio Marte mentre rientrava in treno a Milano dalla sua Napoli, per una discussione a tre (Garzillo, Simioli e il sottoscritto) incentrato sull’opportunità da parte di un Napoletano di indicare nei suoi concittadini dei colpevoli senza alcuna certezza ma sulla base di statistiche.

 

video: PHILIPPE DAVERIO E L’ITALIA FALLITA

video: PHILIPPE DAVERIO E L’ITALIA FALLITA
la retorica risorgimentale che ha rovinato la cultura

Angelo Forgione – Torno sulla rivisitazione risorgimentale, che è senza dubbio la chiave per capire dove nascano i guai sociali (e non solo sociali) della nostra nazione italiana. Questa volta ho messo insieme un collage di alcune “pillole” del critico d’arte Philippe Daverio, tratte da varie puntate della sua trasmissione “PASSEPARTOUT” (RAI) e non solo, così come pure interviste rilasciate ai quotidiani IL MATTINO di Napoli e LA STAMPA di Torino. Un lavoro divulgativo che sembra essere estratto da una puntata monotematica mentre in realtà è un puzzle dal senso compiuto che all’inizio pone presupposti e alla fine offre delle risposte, toccando un altro tema che mi sta a cuore: la distruzione del patrimonio monumentale che è figlio della cancellazione della cultura.
Solo l’istruzione e la conoscenza approfondita delle dinamiche storiche possono spiegare il fallimento italiano, senza dubbio iniziato con l’invasione del sud da parte dei Savoia che, creando un Piemonte allargato e non un’Italia unita, non salvaguardarono le specificità culturali dei vari territori, men che meno la cultura delle Due Sicilie che avevano dettato cultura e creato i fondamenti della moderna Europa pur contando meno politicamente.
Le divisioni sociali tra nord e sud diventano motivo di attriti quando a discuterne sono gli ignoranti che trasformano tutto in scontro frontale. Quando invece è la cultura a parlare, quella che convince su ragionamenti e spiegazioni disarmanti, la mente di chi è disposto a conoscere e a capire può aprirsi. I veri revisionisti fanno così, figurarsi quando la rivisitazione della storia è rafforzata da chi non può essere accusato di essere parziale.
Jean Noel Schifano e Philippe Daverio, non è un caso che due intellettuali di estrazione culturale francese lancino messaggi in tal senso. I cosiddetti intellettuali italiani, invece, continuano a raccontare la storia dei vincitori per esserlo anche loro quando ritirano i premi di “sistema” in giro per l’Italia.

 

Spot IKEA, è bufera!

Spot IKEA, è bufera!
la stampa sul caso, il Giurì verifica e spunta una parodia

Il caso dello spot di IKEA è esploso. IL MATTINO e il CORRIERE DEL MEZZOGIORNO hanno dedicato spazi alla questione raccogliendo pareri e umori. E anche il ROMA ha fatto largo al duo artistico dei Fatebenefratelli che si sono allineati spontaneamente alla nostra protesta (in basso). Il fronte è spaccato tra i tantissimi che sostengono la nostra visione di uno spot ricco di luoghi comuni che lede la dignità dei meridionali civilizzabili da Ikea e chi invece preferisce riderci su.
Tutto questo mentre la Segreteria del comitato di controllo dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria ci informa che il caso è all’esame del Giurì per valutare se sussistano o meno gli estremi per un intervento a tutela dei cittadini-consumatori meridionali. Attendiamo fiduciosi.
IL MATTINO ha tratto la questione nell’edizione di Domenica 17 a pagina 15 (in basso): “Spot con i picciotti in cucina, l’Ikea si scusa” a firma di Marco Esposito che chiama in causa i precedenti di Oliviero Toscani e viene al dunque della protesta: «Angelo Forgione, che si autodefinisce «responsabile per la città di Napoli del Parlamento delle Due Sicilie, ha organizzato insieme al Movimento neoborbonico la protesta».
Premesso che il sottoscritto non si “autodefinisce” ma ha una carica conferita in un’associazione a carattere civico-culturale che raggruppa varie entità che si battono per il riscatto e la dignità del meridione, tra cui appunto V.A.N.T.O., e detto anche che non sono solo queste le battaglie di cui siamo protagonisti occupandoci anche di denuncia di tanti altri aspetti scendendo in piazza, ciò che è da sottolineare è il parere di Oliviero Toscani (fotografo e pubblicitario) che definisce il sottoscritto e tutti gli indignati dei “mafiosi”. «Chi si sente offeso mostra di essere lui il mafioso. Il fatto che non si riesca a ridere su una cosa simile è il segno di una diffusa mentalità mafiosa».

E giù con altre dichiarazioni degne di un professionista più volte censurato per le sue immagini pubblicitarie, quindi contro la censura, che indirettamente conferma quanto da noi rilevato. Essere definito un mafioso da Toscani in questa polemica è una grande vittoria! Toscani non sa che il sottoscritto è anche un collega nel campo della pubblicità e lo spot Ikea l’ha verificato non solo da meridionalista sulla base delle proteste ricevute ma anche con gli occhi critici di un operatore del settore, leggendone i presupposti.
Il CORRIERE DEL MEZZOGIORNO invece si è dedicato al fatto sulla stessa falsa riga e con toni più pacati a firma Germano Milite. E ha proposto un sondaggio online cliccatissimo che alle 16:00 del 18/4 vede la percentuale di quelli che rilevano offesa nello spot al 66% contro il 34% di chi “difende” Ikea.
Intanto sul web spunta una parodia dello spot. Si chiama “Contro spot Ikea” sul canale youtube michelina1841 (chi conosce la storia del sud sa cosa significhi questo nickname) recante come informazione che trattasi di “Filmato istruttivo e informativo, realizzato con uno spiccato senso di energica protesta, per una giusta e degna collocazione del popolo delle Due Sicilie”. Nello spot i picciotti evidenziano la “qualità” dei prodotti Ikea. La maniera migliore per dimostrare l’ironia dei meridionali che Toscani e Ikea hanno messo in dubbio con le loro discutibili opinioni e scuse.
Un’ultima considerazione: perchè mai, tra grosse polemiche, Toscani ha registrato il marchio “M.A.F.I.A.”? Che abbia fatto promozione a se stesso chiamandoci “mafiosi”?

Angelo Forgione

Leggi l’articolo sul Corriere del Mezzogiorno online

Esprimi il tuo voto nel sondaggio del Corriere del Mezzogiorno

 il contro-spot online

Anche la pubblicità comunica la schiavitù di Napoli

Quando l’invasione piemontese e la colonizzazione di Napoli è anche marketing

In questo vecchio spot è intellegibile il concept di fondo: il Piemonte invade Napoli e la riduce in schiavitù. Anche dalla pubblicità affiora la vera storia, quella che i libri di scuola non insegnano. E questo a prescindere dalla data di nascita della pizza più famosa del mondo, anch’essa un falso storico e sovrapposizione di Casata reale.
Napoli, 1889 – ma la Margherita nasce a inizio Ottocento – : un gendarme piemontese, con accento e baffetti sabaudi, irrompe nel forno di Raffaele Esposito, colui che offrì – non inventò – la già esistente pizza tricolore alla regina Margherita di Savoia. Il pizzaiuolo, evidentemente stufo dei continui ordini, si nasconde, ma invano. Il militare sabaudo ordina un’altra pizza per la sua regina, con un perentorio “subito!”
Esposito e il suo collaboratore inscenano una farsa per evitare punizioni, e quando l’autoritario militare fa per uscire dal forno pizza alla mano, una smorfia del pizziaiuolo-pulcinella è camuffata con un eloquente “servo vostro”. Subliminale, ma neanche tanto.

Il nord vacilla di fronte alla divulgazione delle verità sotterrate

Il nord vacilla di fronte alla divulgazione delle verità

Come il Presidente della Repubblica a Capodanno, quelli che Saviano fa a “Vieni via con me” sono veri e propri discorsi alla nazione senza contraddittorio o interruzioni e con i necessari tempi per poter argomentare. Con la differenza che li propone ogni settimana. Questo è il potere di un personaggio che pure qualche aspetto da decifrare ce l’ha, effettivamente consapevole di poter ormai indirizzare i discorsi nella direzione voluta.
Quello che si è ascoltato sulla questione rifiuti nella puntata del 22 Novembre è un Saviano meridionalista, pur non essendolo affatto. Mai prima l’autore di “Gomorra” aveva preso una posizione così decisa in difesa della sua stessa comunità, comunicando alla platea ciò che noi meridionalisti e filoborbonici diciamo da anni, spesso però snobbati da quella denigrazione filorisorgimentale che non ammette la teoria di un nord invasore e di un sud invaso. L’ha detto Saviano e la stampa lo segue in scia, e va bene così. Tutto ciò finisce per rinforzarci e legittimarci.

Saviano ha avuto il coraggio e l’autorità di dire ciò che nessuno sin qui si è azzardato a dire, e cioè che non sono i Napoletani ad essere sporchi e sudici per tradizione ma semmai sono stati sporcati, finendo per diventarlo auto-convincendosene, col risultato che loro stessi si definiscono sporchi e spesso si comportano da tali. Senza peli sulla lingua, è arrivato agli italiani che sono i rifiuti del nord e di parte dell’Europa a colmare le discariche della Campania e che non c’è possibilità immediata, ne tantomeno intenzione, di risolvere un problema che non è un problema, se non per i Napoletani, ma una precisa volontà superiore.

Alla faccia della denigrazione settentrionale, in barba alla propaganda sabauda e alla voce “borbonico” dei vocabolari italiani, in prima serata sulla Rai è finito a 151 anni dalla sua morte Ferdinando II di Borbone. Saviano lo ha tirato in causa perché si è accorto anch’egli di una delle tante cose che i neoborbonici dicono da anni: i Borbone di Napoli erano dinastia di primati.
«Sembrerà strano ma la prima città in Italia ad aver inventato la raccolta differenziata è Napoli. 1832, Ferdinando II di Borbone fa una legge sulla differenziata».
Mi piace pensare, e un po’ ne sono convinto, che Saviano abbia letto un mio apprezzato articolo scritto un mese fa sull’argomento e che contiene quella legge presente nella “Collezione delle Leggi e dei Decreti del Regno delle Due Sicilie”, legge ora diffusa dalla Rai alla nazione ( http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=35975 ). Lo deduco da come ha introdotto l’argomento e da come l’ha commentato, proprio come in quel passo del mio articolo che snocciola la legge borbonica. Cose che anche io ho appreso attraverso l’opera di grandi archivisti come il mio grande amico Prof. Gennaro De Crescenzo: è questa la catena della diffusione delle verità sepolte da riportare alla luce.

A sentire il discorso di Saviano mi sono sentito gratificato dal mio lavoro intensissimo e sudato, fatto di letture di testi, scrittura di articoli, montaggio di videoclip su youtube e interviste. Tutto finalizzato alla comunicazione ai Napoletani della nostra vera cultura che non è quella negata con la quale facciamo i conti da ormai troppo tempo.
Un discorso che non ha fatto una piega in chiave di riscatto del nostro orgoglio; l’autore di “Gomorra” ha parlato proprio come avrei parlato io, dicendo ciò che avrei detto io. Persino tirando in ballo il grande Eduardo e mostrando l’ormai noto “é cosa ‘e niente”.
Tutto perfetto, perchè con la mia opera sto cercando di far capire alla nostra gente (e quelli che mi seguono l’hanno capito), che noi siamo diventati quello che “loro” volevano che fossimo, a furia di non ribellarci alla denigrazione e alle falsità perpetrate dai tempi dei britannici Lord Palmerston e William Gladstone, veri iniziatori delle calunnie anti-napoletane di ottocentesca memoria.

Saviano ha parlato al resto d’Italia ma ha anche parlato ai Napoletani, invitandoli a non sedersi e a reagire riscoprendo la propria cultura e ribellandosi a chi l’ha cancellata approfittando del nostro lasciar fare a base di “è cosa ‘e niente” che ci ha portato ad accettare e cronicizzare camorra, malamministrazione e degrado che gli altri ci imposero e che noi accettammo supinamente; non avremmo dovuto! Qualcuno non ha capito il senso del discorso, qualcuno si.
Si è aperto così un fronte nuovo per il resto del paese sempre pronto a cavalcare i luoghi comuni contro i Napoletani e i più feroci accusatori di Napoli hanno maldigerito il messaggio. Lo deduco dalle tante email che ho cominciato a ricevere da quel momento in posta e i tanti messaggi inviati alla casella di messaggi del mio canale youtube, laddove notoriamente si possono trovare tutti i miei spunti audiovisivi riguardanti la nostra storia e il nostro riscatto.
Non solo messaggi di felicitazioni da parte di chi ha rivisto me nel messaggio di Saviano, di chi mi ringraziava, di chi dimostrava gioia per quel che aveva sentito, ma anche tante stupidaggini piovute da anonimi settentrionali o comunque anti-napoletani. Un aumento esponenziale da quella sera, e questo significa che “loro” temono le nostre verità.

Ne riporto qui solo un esempio, non a caso una delle poche email a cui ho risposto, che è eloquente per come i “fratelli” d’Italia comincino a vacillare e a sconcertarsi nel conoscere le verità storiche nascoste che corrispondono a quelle contemporanee che ne sono dirette discendenti.
Un “buontempone” ha visto i miei video sul primo bidet d’Italia alla Reggia di Caserta, quello che i Savoia, non sapendo cosa fosse, definirono “oggetto sconosciuto a forma di chitarra”, e ha pensato bene di creare un nuovo account stesso oggi, 25 Novembre 2010, per mascherare la sua vera identità su youtube. E come ha pensato di chiamare il suo nuovo canale vuoto per attaccarmi? Guarda caso… “FBourbonsBorboni”. Ora capirete perchè.

messaggio di FBourbonsBorboni:

Ma poveretti (i napolitani) eccoli crearsi un mito (quello del bidet) da sotto le loro tonnelate di rifiuti!
I Borboni non erano napoletani ma Francesi (Bourbons) e comandavano. Sono loro ad avere introdotto il bidet francese in Italia. A l’epoca in tutta Italia ed ancora fino a poche decenni di anni fa tutti in italia (salvo gli aristocratici) si lavavano nelle tinozzze nei cortili delle cascine dove lavoravano come braccianti (non avevano neanche le proprie cascine cone in Francia o altro in Europa perché qui c’erano solo i ricchi latifundisti. Quindi fa proprio ridere questo mito del bidet che gli Italiani si sono creati per sentirsi (immaginarsi di sentirsi) forse piu’ puliti nel sedere degli altri -visto che i loro comportamenti cafoncelli sono derisi in tutto il mondo. Il bidet in Francia dopo essere stato li crato è stato usato per decenni ma ora li negli appartamenti sono più piccoli e c’e’ spesso solo la doccia.
Ridicoli siete e patetici!! Il principe Emanuele Filiberto è stato di grande ironia e l’intervistatrice si è dimostrato una piccola provincialotta meschina (che si è dimenticata delle tinozze dei suoi nonni!!).

risposta di Angelo Forgione:

Penso che Lei debba studiare la storia ancora molto, tanto più quella di Napoli semmai voglia conoscere l’origine 700-800esca della moderna civiltà europea.

1) I Borbone di Napoli erano, appunto, di Napoli, non di Francia come i loro antenati di estrazione capetingia. Ci sono anche rami diversi, come quelli di Spagna o di Parma. Il primo Borbone di Napoli fu Carlo VII, mezzo italiano (Farnese di Parma) e mezzo spagnolo, ma volle imparare lingua, usi e costumi dei Napoletani che si portò anche in Spagna insieme al sangue di San Gennaro (!) quando divenne Carlo III.
Ferdinando, Francesco, Ferdinando II e Francesco II erano napoletanissimi, e insieme al capostipite non primeggiarono certo solo per il bidet.

2) Il bidet è si francese, noi Napoletani lo sappiamo benissimo, ma in pochissimi anni i 100 presenti a Versailles furono TUTTI rimossi: un fallimento! Qui non si discute su chi l’ha inventato ma su chi l’ha usato (per prima). E Napoli non l’ha “adottato” dalla Francia, ma dall’Austria grazie a Maria Carolina d’Asburgo Lorena, regina delle Due Sicilie, sorella di Maria Antonietta (d’Asburgo Lorena). Era la corte austriaca ad avere delle usanze superiori che la corte di Napoli seppe adottare e elevare maggiormente a crismi di civilizzazione per tutto il continente, non quella francese. Quello è l’aggancio. Così come per il caffè che viaggiò dalla Turchia a Vienna e arrivò a Napoli sempre attraverso la sovrana austriaca, e Napoli l’ha offerto al mondo a modo suo, cioè alla grande. Lo sa che il babà non è un dolce napoletano ma polacco, inventato alla corte di Stanislao Leszczynsky? Eppure i polacchi l’hanno dimenticato, mentre i Borbone lo trovarono buono e così Napoli l’ha offerto al mondo. Non c’è nessuna certezza che la prima pizza sia Napoletana, ma con i Borbone si attuò nel 700 attorno a Caserta una incredibile rivoluzione agricola che ha codificato la vera pizza con il condimento del pomodoro e della mozzarella, e Napoli l’ha offerta al mondo. Le ho fatto il palato buono, ma potrei parlare di mille altre cose che in parte può apprendere dai miei scritti e dai miei video come quello che le inoltro in calce.
La cultura, amico mio, non è necessariamente frutto di invenzioni ma anche di intuizioni pionieristiche. E le potrei citare tanti esempi in ogni campo con cui Napoli, tramite invenzioni e intuizioni, ha plasmato l’attuale civiltà europea, riecheggiando nel mondo intero. Perchè, se non l’ha ancora capito o studiato, la cultura passava per Napoli all’epoca, e Napoli sapeva filtrare il meglio e rioffrirlo al mondo.

Ho la sensazione netta che il discorso di Saviano dell’altra sera vi sta facendo tremare nelle vostre convinzioni ignoranti. Ritornate a scuola, riscrivete il Risorgimento italiano per come è andato veramente, e poi venite a riprendervi il letame culturale unitamente a quello industriale che avete riversato nelle nostre discariche approfittando della malavita di garibaldino sdoganamento, che da un bel po’ vi ritrovate in casa vostra a far soldi coi vostri imprenditori truffatori e “bondeggiatori”, molto più ladri dei disperati borseggiatori che ci sono al sud. Vero Sig. Calisto Tanzi?
Del resto, perchè secondo Lei Vittorio Emanuele II e Cavour (lui si mezzo francese, mica italiano) vennero da queste parti se non per unire alle loro misere casse le nostre grandi riserve auree?

E ora, dopo tutto questo, gridate Padania libera? Ma libera da che? Ma chi vi ha cercati?

Glielo dico con franchezza e senza pregiudizio: gli alluvionati veneti, poveri loro, in televisione non perdono occasione per dire che noi (inventori dell’arte di arrangiarsi) ci piangiamo addosso e loro si rimboccano le maniche mentre in realtà si capisce bene che stanno piangendo davanti alle telecamere.
Sa il problema dov’è? Qui a Napoli abbiamo organizzato raccolte di fondi anche tra private associazioni per gli stessi alluvionati del Veneto oltre ai tantissimi sms solidali del valore di 2 euro inviati dalla Campania per lo stesso scopo. Noi siamo un popolo solidale per tradizione. E il nord come risponde? Proprio il Veneto e il Piemonte negano l’aiuto per la nostra tragedia causata anche da loro. Con le dovute eccezioni, questo siete voi: gente vuota, ignorante e priva di ogni solidarietà di popolo.

Buono studio, “fratello” d’Italia
(Le allego video culturale)
http://www.youtube.com/watch?v=xui3llF32l0